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18 Aprile 2023 - 19:35
Abbiamo preso spunto dalla docu-serie disponibile da qualche giorno su Netflix, per approfondire il caso di Alex Schwazer da una visuale diversa. L'opinione, decisamente meno buonista, è del giornalista vigevanese Pierangelo Molinaro, ex firma della Gazzetta dello Sport, che ha seguito la carriera del campione altoatesino sin dai suoi primi passi.
La locandina della docu-serie disponibile su Netflix
Alex Schwazer balza agli onori della cronaca sportiva nel 2008 quando vince la medaglia d'oro nella 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino. Alex diventa uno degli sportivi più popolari in Italia, anche per il suo legame con la campionessa di pattinaggio Carolina Kostner. Numerose le apparizioni della coppia in programmi televisivi. Schwazer accusa la pressione mediatica, va in uno stato di depressione e non riesce più a rendere in gara. Nel 2012, alla vigilia delle Olimpiadi di Londra, viene trovato positivo a un controllo antidoping. La sostanza proibita è l'epo. Nel corso di una conferenza stampa l'atleta altoatesino confessa in lacrime la sua colpevolezza, fra liberazione e vergogna. Lui stesso dice di aver acquistato la sostanza in Turchia e da solo se la è iniettata. Viene squalificato per 4 anni.
Tra i principali accusatori di Schwazer c’è il maestro dello sport Sandro Donati, un guru della lotta all'antidoping. Ma come il diavolo e l'acqua santa i due si ritrovano e sarà proprio lo stesso Donati a credere fermamente nella volontà di redenzione di Schwazer, allenandolo a Roma insieme a uno staff che lavora in proiezione Olimpiadi di Rio. Tuttavia il primo gennaio del 2016, attraverso un controllo a sorpresa, Schwazer viene trovato nuovamente positivo, questa volta al testosterone. A pochi giorni dalle Olimpiadi il tribunale dello sport squalifica Schwazer per otto anni. Alex non si ferma, continua ad allenarsi, ma deve anche difendersi a livello penale. A inizio 2021 il tribunale di Bolzano scagiona Schwazer dall'accusa di doping, gettando nel contempo parecchie ombre sulla giustizia sportiva e sui massimi organismi internazionali dell'antidoping, la Wada, e dell'atletica. Ma la richiesta di Schwazer di ottenere la sospensione della squalifica per prendere parte alle Olimpiadi di Pechino viene respinta dal Tar di Losanna. Passano altri due anni e nel marzo scorso la Procura di Bolzano archivia per mancanza di prove l'indagine sulla presunta manomissione dei campioni di urina da parte di Wada e Iaaf. Insomma, dopo sette anni di esami e battaglie legali, non sono emersi colpevoli. Resta però la squalifica per doping che scadrà il prossimo anno, il che non darà alcuna possibilità a Schwazer di conseguire il tempo utile per partecipare alle Olimpiadi di Parigi, a meno che la serie Netflix non abbia l’effetto di ottenere uno sconto di qualche mese sulla squalifica…
Alex Schwazer in azione
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