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07 Aprile 2016 - 13:37
In questa fase di trattative, che dovrebbero prendere la forma di un progetto di accorpamento già nei prossimi giorni, la dottoressa Pavan ora non vuole dire nulla. E anche all’istituto clinico Beato Matteo le bocche sono cucitissime. Da corso Pavia rimandano per ogni commento al dottor Riccardo Manca, amministratore delegato della società di cui fanno parte la clinica vigevanese e la Città di Pavia, anch’essa del gruppo Rotelli-San Donato. Ma dai piani alti fanno sapere, tramite ufficio stampa, che «in questa fase non rilasciamo dichiarazioni. Aspettiamo un passaggio istituzionale ufficiale». Di sicuro al Beato Matteo privarsi dell’Ostetricia non sarà indolore, se non altro per ragioni affettive e “sentimentali”: la casa di cura, fondata nel 1953, nacque proprio intorno a quel reparto (la “Maternità”, come era chiamata allora), in un’epoca in cui quasi tutti i parti avvenivano ancora in casa, con la levatrice, mentre si intuivano le prime avvisaglie del baby-boom che poi durerà per tutti gli anni Sessanta. Il servizio è sempre stato un fiore all’occhiello della struttura, anche se un po’ sacrificato dal punto di vista logistico. E infatti nel progetto di ampliamento che partirà tra pochi mesi era prevista la realizzazione di una sede nuova per le degenze e il blocco parto. Alla clinica andrebbero avanti tranquillamente con il loro lavoro e nessuno potrebbe costringerli ad abbandonarlo, visto che hanno un regolare accreditamento e rispettano ampiamente il parametro dei 500 parti all’anno (nel 2015 sono stati 548). D’altra parte però l’Ostetricia non è un settore in cui si possano macinare grandi profitti. Costa molto in termini di personale, perché deve necessariamente funzionare 24 ore su 24, ed è sempre sottoposto alla spada di Damocle degli eventuali risarcimenti: se qualcosa va storto – e ogni tanto, anche con tutta l’attenzione e la professionalità del caso, in questo campo può succedere – sono cause per danni da milioni di euro, in grado di azzerare in un colpo solo i margini di anni interi di lavoro. In altre parole, dal punto di vista imprenditoriale per un privato ci sono altre specialità che “rendono” decisamente di più. Ecco perché l’istituto clinico Beato Matteo potrebbe accettare di buon grado l’offerta della riconversione dei suoi 12 letti accreditati di Ostetricia e Ginecologia in qualche disciplina diversa che garantisca alti tassi di occupazione dei letti e buoni profitti. Come ad esempio un incremento delle dotazioni di Medicina o di Riabilitazione.
E Maroni disse a Sala: «Andrea, stai sereno»
VIGEVANO – L’annuncio dell’intenzione di arrivare «all’unificazione di equipe e spazi» dei due reparti di Ostetricia presenti sul territorio è arrivato nella serata di mercoledì della scorsa settimana in consiglio comunale. È stata l’assessore Antonietta Moreschi, nel rispondere a un’interpellanza presentata dai gruppi di minoranza, a leggere una lettera ricevuta da Anna Pavan, direttore generale di Ats, contenete la proposta che verrà presentata alla Regione. «Andremo in regione a parlare con il presidente Maroni», ha aggiunto l’assessore. Ma il governatore ha già parlato col sindaco, come ha raccontato lo stesso primo cittadino Andrea Sala: «Ci siamo incontrati a Milano, è stato lui a fermarmi per dirmi “Andrea stai tranquillo, il vostro punto nascita non si tocca”».
«Non ci tranquillizzano queste pacche sulle spalle – ha replicato Luca Mazzola (M5S) a nome dei gruppi dell’opposizione – non siamo rassicurati. La voce di Maroni, per ora, non l’ha sentita nessuno. Ci auguriamo incontri di tenore ufficiale e istituzionale».
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