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emergenza coronavirus
18 Aprile 2020 - 16:28
La dottoressa Mara Azzi, direttore generale dell’Ats di Pavia
PAVIA – Circa 6 mila anziani ricoverati in 83 Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) della provincia di Pavia. E 250 tamponi al giorno, che devono servire per gli ospiti, ma pure per il personale e per chi esce dall’isolamento domiciliare.
È in questi numeri, snocciolati dal direttore generale dell’Ats Mara Azzi, la difficoltà a controllare il contagio.
– Perché solo 250 tamponi al giorno?
«Sono quelli che ci fornisce la Regione, altri non ne possiamo comprare perché non sono sul mercato. Per altro non ci servirebbero a molto, visto che quello è il numero che l’istituto Zooprofilattico ci può processare ogni giorno».
– A chi vengono fatti?
«Sono di nostra competenza il personale delle Rsa, in base alle loro richieste, e chi deve rientrare dopo un tampone positivo e 14 giorni senza sintomi. Per questi ultimi ce ne sono 150 al giorno (ciascuno ne fa due, a 24 ore di distanza), per le Rsa 100. Quelli che non facciamo al personale li diamo alle strutture per i loro ospiti».
– Così ci vorranno mesi...
«I numeri sono questi. Siamo partiti dalle Rsa con più ricoverati con sintomi di Covid».
– Come funzionano le Usca, cioé le Unità speciali di continuità assistenziale?
«Siamo stati i primi ad attivarle in Lombardia, dal 16 marzo. Oggi ci sono 12 medici, che escono sempre in due: vanno a visitare a casa, su indicazione dei medici di famiglia, o nelle Rsa, e possono fare i tamponi».
– In alcune Rsa i decessi si stanno contando a decine. Come Ats avete un quadro della mortalità?
«No. I decessi vengono notificati solo all’anagrafe del Comune di residenza. Che può anche essere diverso da quello in cui si trova la struttura».
– Come vi siete mossi per controllare le Rsa?
«Abbiamo mandato a tutte, subito, tutti i protocolli: per l’uso dell’ossigeno, dei farmaci, dei dispositivi di protezione individuale. Sapevano che, fin dal primo sintomo, dovevamo isolare il paziente e trattarlo come positivo, a prescindere dai tamponi. E abbiamo mandato tutti i dispositivi che avevamo, dopo averli garantiti prioritariamente ai medici di base e alle Usca. Sono strutture con un’autonomia gestionale, nulla impedisce loro di procurarsene altri sul mercato».
– In alcune Rsa la situazione sembra essere sfuggita al controllo.
«Dove la situazione è di particolare criticità abbiamo inviato le Usca per fare una valutazione clinica. Continueremo, soprattutto per verificare l’organizzazione, la situazione amministrativa e gestionale. Dove possiamo interveniamo».
– Il San Matteo ha quasi messo a punto il test sierologico. Ma per adesso nella nostra provincia non si farà.
«La Regione ha deciso di partire da Bergamo, Brescia, Cremona e Lodi. Quando toccherà a noi, saremo pronti. Quel che è
importante è che sarà una procedura validata, a differenza di altri test in circolazione che possono dare molti falsi positivi e falsi negativi».
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