Cerca

La storia

Cibo e amore per i bambini dell'Uganda: fanno una colletta e portano tutto all'orfanotrofio

Camilla Perrone e Antonella Trentin, vigevanesi, raccontano il loro viaggio solidale

Davide Maniaci

Email:

dade.x@hotmail.it

16 Ottobre 2022 - 12:47

«Aiutiamoli a casa loro», si sente dire, e spesso è una frase di comodo. Invece queste due vigevanesi lo hanno fatto davvero:
hanno raccolto soldi e derrate, le hanno caricate su sei valigie pesantissime, hanno preso l’aereo e sono andate in Uganda. La destinazione finale è stata il San Francisco Orphanage Home, un orfanotrofio nei pressi della capitale Kampala. Lì vivono bambini che non hanno niente, e che hanno esultato come per un gol di Messi quando hanno visto un materasso, o delle posate.
In questi giorni le vigevanesi Antonella Trentin (casalinga, impegnatissima nel sociale) e Camilla Perrone, di professione funzionaria giuridica-pedagogica presso la casa di reclusione di Vigevano, si trovano ancora nello Stato centrafricano.

Camilla Perrone, in primo piano, e Antonella Trentin

Raccontano tutto “in diretta”. «Abbiamo trovato un post su Facebook del direttore dell’orfanotrofio. Lo abbiamo contattato. Ha
raccontato le difficoltà che vivono quotidianamente questi bambini, 29 orfani accolti in una struttura di terra e fango. Siamo autonome: non ci siamo appoggiate a nessuna organizzazione o associazione. Visiteremo altri due orfanotrofi con 90 bimbi totali. Abbiamo organizzato sulle nostre pagine social personali, tra amici e parenti, una raccolta sia di vestiario (magliette, vestiti, ciabattine, mutandine) sia di generi vari come lenzuola, zanzariere, spray per zanzare. Poi medicinali, spazzolini, dentifrici. Compreremo qui un kit antimalaria. Abbiamo portato anche dolcezza: caramelle, nutella, giochi, palloncini, materiale didattico. Coi soldi raccolti abbiamo fatto la spesa per loro al mercato». Missionarie laiche con un cuore grande così. «Non potevamo fare finta di niente. In un solo mese abbiamo raccolto tantissimo».

Il carico dei bagagli in aereo


Questi orfanotrofi rappresenano la salvezza: l’alternativa per queste creature sarebbe la strada. L’obiettivo a lungo termine è che diventino autonomi: che abbiano un pezzo di terra da coltivare e dell’acqua potabile. Qui sembra assurdo chiedere di più. «Appena ci vedono per strada, soprattutto i bambini – proseguono– ci corrono incontro chiamandoci ”musungu” (“dalla pelle bianca”). E lo gridano con gioia e stupore. Qui circolano malattie come tifo, colera, malaria. La mortalità infantile è altissima. Loro ci sorridono, vivono con niente. No, non potevamo rimanere indifferenti».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su L'informatore

Caratteri rimanenti: 400