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anziani
17 Ottobre 2022 - 11:05
Non un giocattolo, ma un vero e proprio strumento terapeutico che potrà aiutare i pazienti affetti da Alzheimer o da demenza a tornare a sviluppare empatia. L’obiettivo della “doll therapy” è infatti stimolare il linguaggio, l’istinto materno, la condivisione delle emozioni, facendo riscoprire un senso di libertà e di appartenenza con il mondo. Casa Serena – la più grande Rsa della Lomellina, una delle più importanti della Lombardia – ha attivato un progetto terapeutico che prevede l’utilizzo di queste speciali bambole, che sono state donate dal Rotary Club Vigevano-Mede.
Nei giorni scorsi il presidente rotariano Massimo Villa e la vice Maria Teresa Corsico Piccolino Bocca hanno consegnato 17 bambolotti alla struttura di Cilavegna. Si tratta di bambole con particolari caratteristiche anatomiche: oltre a essere realizzate con materiali ignifughi, atossici e lavabili, hanno tratti somatici come occhi grandi e sguardo laterale (che non causa stress al paziente), sono generalmente asessuati, hanno capelli realistici che invogliano al tocco, una postura che permette di simulare l’abbraccio, peso e dimensioni adatte a persone fisicamente fragili.
La consegna delle bambole a Casa Serena si è tenuta giovedì 6 ottobre
Gli studi sulla terapia con le bambole – una cura non farmacologica e “centrata sulla persona” – ha le sue radici nella teoria dell’attaccamento, formulata negli anni Sessanta dallo psicologo John Bowlby; la “bambola terapeutica” vera e propria è nata negli anni Novanta, grazie alla psicoterapeuta svedese Britt Marie Egedius Jakobsson, che la sperimentò con il figlio autistico. Gli esperti hanno scoperto che l’uso di queste bambole può aiutare i pazienti con demenza a diminuire i livelli di stress causati dalla malattia e a facilitare la relazione con gli altri, incoraggiando allo stesso tempo i ricordi e le emozioni positive della vita passata; non solo, perché si è osservato che il loro utilizzo permette ai pazienti di svolgere con maggior facilità alcune azioni quotidiane durante la somministrazione dei pasti, i momenti di igiene personale, e perfino nelle ore di riposo. I destinatari del progetto sono anziani con diagnosi di demenza medio-grave, e con la presenza di disturbi comportamentali.
«È un’iniziativa – ha sottolineato il presidente di Casa Serena, Pierangelo Ugazio durante il convegno di presentazione del progetto, prima iniziativa pubblica post-Covid – che migliora la qualità dei nostri servizi. Si tratta di una terapia specialistica non convenzionale». La struttura cilavegnese è accreditata per 63 posti Alzheimer, che attualmente sono tutti occupati (e con lunghe liste d’attesa).
L’obiettivo è «restituire una dignità a questi pazienti, nonostante la malattia tenda a offuscarli – ha spiegato la dottoressa Laura Ghiro, che ha curato il progetto – Ci dobbiamo porre la domanda: come posso raggiungere queste persone? Dobbiamo trovare le modalità adeguate perché questi pazienti possano tornare a esprimersi. Scoprendo che magari sono ancora in grado di accudire, con un desiderio di contatto umano». La somministrazione delle bambole ai pazienti sarà valutata caso per caso dal personale medico e psicologico, che prenderà in considerazione sia la storia clinica, sia quella biografica di ciascun anziano.
«La pandemia da Covid – ha sottolineato il dottor Alessandro Pistoia, direttore sanitario di Casa Serena – ha fatto decadere cognitivamente molte persone anziane, che si sono trovate sole in casa per molti mesi. Si è quindi ulteriormente aggravata la diffusione di patologie come l’Alzheimer. Il nostro progetto verrà monitorato nelle diverse fasi, e i dati saranno diffusi e resi disponibili anche agli altri istituti che si occupano della cura degli anziani».
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