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28 Ottobre 2023 - 12:34
Se si facesse un paragone calcistico Vigevano sarebbe nella parte destra della classifica, lì nei bassifondi in lotta per non retrocedere. Siamo una delle città più povere, almeno dal punto di vista del numero dei bisognosi, della regione più ricca d’Italia. L’analisi di don Moreno Locatelli, direttore di Caritas diocesana, dopo il convegno a Milano di venerdì, è lucida. «Dire che siamo il fanalino di coda della Lombardia sarebbe eccessivo ma non lo è affermare che dietro di noi ci sono poche altre realtà, in una regione che sta comunque meglio delle altre. Il territorio fa più fatica, da sempre, per motivi atavici. Retribuzioni basse, possibilità retributive minori».
don Moreno Locatelli
Il dato nuovo, mai analizzato prima, riguarda i “poveri ereditari”, cioè persone cresciute da famiglie indigenti, con bassa scolarizzazione, i cui figli partiranno in svantaggio. Cioè persone che non hanno mai avuto una possibilità concreta, che vivono in un contesto da cui è difficile uscire. Sono il 40 per cento degli indigenti totali. «Quella che vedo – prosegue il direttore di Caritas diocesana – è una situazione tipica di un hinterland, di una città periferica legata a una metropoli, in questo caso Milano. Ci scopriamo più vicini ai sobborghi rispetto che alla località di provincia. Pavia, ad esempio, ha dinamiche ben diverse. A Vigevano la professione più diffusa è quella del commesso al supermercato: va benissimo, è un lavoro onesto, ma come fai con lo stipendio a permetterti di rimanere sereno? Se chiude il punto vendita, se ti lasciano a casa, cadere nella miseria è un attimo e di soldi da parte sicuramente non ne hai». Poi ci sono le realtà sommerse, quelle a un metro da noi che non vediamo o ignoriamo apposta. Quanti pensionati devono mantenere il figlio quarantenne disoccupato o, peggio, tossicodipendente? Quanti stranieri, soprattutto nordafricani, onesti, sono sottopagati proprio perché extracomunitari? «Sono domande – aggiunge Locatelli – alle quali possiamo rispondere cercando di essere efficaci, noi come Caritas aiutati per fortuna da tanti privati, dalle associazioni, dalle fondazioni. Per esempio nei mesi scorsi, grazie a un contributo della Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia siamo riusciti ad aiutare 400 famiglie del territorio a pagare le bollette. Il caro-energia ha rappresentato il problema più urgente dell’ultimo periodo». Certo, sono forse misure insufficienti perché il problema vero è l’occupazione, trovarne una stabile, riuscire a mantenerla. Ma se questa gente, queste famiglie, venissero lasciate sole allora si ingrandirebbe soltanto il gruppo di chi fa fatica, creando alla lunga tensioni sociali, senza speranza alcuna. «Riuscire a mappare il territorio e a tenere d’occhio tutte queste situazioni critiche – conclude il sacerdote – ci permette di mettere in moto meccanismi di solidarietà e di accompagnamento».
Il Polo Laico rende questa analisi anche politica, con un post su Facebook pubblicato giovedì dopo l'uscita dell'Informatore.
LE STATISTICHE LOMBARDE dei beneficiari di aiuti Caritas
TITOLO DI STUDIO
Madri: 4,6 % analfabete. 6,1 % nessun titolo di studio. 46 % licenza elementare. 31,7 % licenzia media inferiore. 3,9 % diploma di media superiore. 0% laurea.
Padri: 1,2 % analfabeti. 4,6 % nessun titolo di studio. 37 % licenza media inferiore. 9% diploma di media superiore. 3,9 % laurea.
OCCUPAZIONE
44,7 % lavori non qualificati. 25,2 % professioni qualificate delle attività commerciali e servizi. 18,4 % conduttori di impianti e conducenti di veicoli. 11,7 % professioni tecniche.
L'ANALISI - BASSA ISTRUZIONE E ASSENZA DI RETI. COSI' L'INDIGENZA DIVENTA EREDITARIA
Quante probabilità esistono per i minori cresciuti in un contesto di povertà di accedere, una volta adulti, a una vita agiata? Al contrario, quanto è forte il rischio di rimanere intrappolati in percorsi di fragilità e deprivazione e quindi in storie di povertà? A partire dalla ricerca nazionale "L’anello debole", pubblicata l’anno scorso da Caritas italiana, le Caritas lombarde hanno promosso un’indagine finalizzata ad approfondire il fenomeno della trasmissione intergenerazionale della povertà nella regione più popolosa e ricca d’Italia. Il rapporto "Pavimenti appiccicosi. La povertà intergenerazionale in Lombardia" è stato presentato venerdì 20 ottobre nella sede di Caritas Ambrosiana, a Milano. Si basa sull’analisi di dati ed esperienze riguardanti 1.700 beneficiari dei centri Caritas delle 10 diocesi lombarde (il 7,1% del campione esplorato dalla ricerca nazionale).
SCARSA ISTRUZIONE, LAVORO CHE PEGGIORA, MAGGIORE INDIGENZA Il confronto tra la condizione degli assistiti lombardi e quella delle loro famiglie di origine ha permesso di misurare il grado di mobilità intergenerazionale delle persone in stato di povertà, con particolare riguardo atre dimensioni specifiche: istruzione; occupazione; condizione economica. Riguardo all’istruzione, i genitori degli assistiti Caritas in Lombardia si collocano su livelli formativi molto bassi: tra le madri prevale la licenza elementare (46%), tra i padri la licenza media inferiore (37,3%). Significativa anche la presenza di persone senza titolo di studio (6,1% tra le madri e 4,6% tra i padri) o l’incidenza di chi risulta analfabeta (4,6% tra le madri, 1,2% tra i padri). Di contro, la percentuale di laureati e diplomati è bassa: il 9% dei padri e il 3,9% delle madri hanno conseguito il diploma di media superiore; tra le madri non figurano laureate, solo il 3,9% tra i padri. Nel passaggio tra generazioni, non si registra una grande mobilità ascendente. Tra i figli lombardi prevale la licenza media inferiore, come tra i genitori, anche se con percentuali doppie (65,2%, contro il 37,3% del padre e il 31,7% della madre). Addirittura, si segnala una mobilità discendente rispetto al grado di studio più elevato: solo il 2% dei figli è laureato (i padri sono il 3,9%). Riguardo al lavoro, i beneficiari Caritas in Lombardia si collocano per lo più nel gruppo delle occupazioni non qualificate (44,7%) e a seguire nel gruppo delle professioni qualificate delle attività commerciali e servizi (25,2%), come conduttori di impianti e conducenti di veicoli (18,4%) e nelle professioni tecniche (11,7%). Rispetto al dato nazionale, i beneficiari lombardi sembrano più presenti nelle professioni tecniche (11,7% contro 8,2%) e come conduttori di impianti, operai di macchinari fissi e mobili, conducenti di veicoli (18,4% versus 6,8%), ma al contempo sono maggiormente occupati nelle professioni non qualificate (lombardi: 44,7%; italiani: 34%). Dal confronto con le occupazioni dei padri, emerge che in Lombardia il 45,9% dei beneficiari Caritas ha sperimentato una mobilità ascendente rispetto ai padri (i figli si sono collocati su posizioni occupazionali più qualificate), il 19,4% è rimasto allo stesso livello e più di un terzo ha peggiorato la posizione (34,8%). A livello nazionale, la mobilità discendente (42,8%) prevale su quella ascendente. Sul versante della condizione economica, tra i beneficiari lombardi degli interventi Caritas ben due terzi ritengono di essersi impoveriti rispetto alla famiglia di origine (63%), il 21,3% di vivere in continuità con lo standard dei propri genitori e solo il 15,8% pensa di avere migliorato le proprie possibilità economiche. Tale ripartizione è analoga a quella rilevata con i dati nazionali, ma la percezione di impoverimento tra i lombardi è maggiore rispetto al dato italiano (63% versus 55,3%), mentre la percezione di miglioramento è più contenuta (Lombardia 15,8%, Italia 19,8%).
ORIGINE STRUTTURALE, BASSA CAPACITÀ REDISTRIBUTIVA In conclusione, nelle storie di deprivazione intercettate dal circuito Caritas in Lombardia, i casi di povertà ereditaria pesano per il 59,3%. Quasi sei persone su dieci, insomma, risultano vivere una condizione di precarietà economica in continuità con la propria famiglia di origine, mentre i poveri “di prima generazione” sono il 40,7%. Tali dati dimostrano, quindi, l’esistenza di una condizione di trasmissione intergenerazionale delle fragilità, che richiama i cosiddetti sticky grounds, i “pavimenti appiccicosi” della letteratura sociologica. I dati regionali sono, in termini generali, simili a quelli nazionali, a riprova del fatto che il problema ha un’origine strutturale, dovuta al peggioramento delle condizioni di vita dei poveri: accade in generale in Italia, ma nemmeno una regione avanzata e dinamica come la Lombardia riesce ad attenuare tale tendenza. Infine, il dato è allarmante, sia a livello regionale sia nazionale, anche in considerazione del peggioramento delle condizioni di vita, avvertito rispetto alla famiglia di origine da una percentuale consistente di persone coinvolte dal fenomeno(40%): ciò pone profondi interrogativi sulla capacità redistributiva e inclusiva, nel tempo, del nostro paese e della nostra regione.
SFIDUCIA NEL FUTURO, TENDENZA ALL’ASSISTENZIALISMO La seconda parte della ricerca presenta l’analisi di interviste svolte a beneficiari Caritas e di focus group con operatori e volontari dei centri Caritas delle diocesi lombarde. L’analisi qualitativa conferma alcune delle evidenze emerse da quella quantitativa; in particolare, mette in risalto la stretta correlazione tra povertà e bassa scolarità, che risulta aver condizionato pesantemente i percorsi di vita degli intervistati, sia perché ne ha limitato l’accesso al mondo del lavoro, sia perché ha impedito loro di dotarsi degli strumenti per orientarsi nella complessità contemporanea. Dalle interviste, poi, emerge la rilevanza della questione abitativa: tutte le persone incontrate vivono in una casa popolare, o hanno fatto domanda per averla, o sono alla ricerca di un’abitazione migliore. Altro dato rilevante: più della metà degli intervistati svolge o ha svolto il ruolo di caregiver di un parente (genitori, figli) o di una persona cara malata; in questi casi, oltre alle difficoltà economiche entrano in gioco quelle dovute all’assenza o alla debolezza delle reti familiari ed extrafamiliari. Il Rapporto, di conseguenza, sottolinea che per spezzare la catena della povertà intergenerazionale i soli aiuti materiali non paiono risolutivi, se non affiancati da accompagnamenti a lungo termine basati su relazioni di fiducia e dall’inserimento attivo delle persone in povertà nelle rispettive comunità. Infine, tra le cause che alimentano la trasmissione della povertà, vi sono la sfiducia nel futuro e la convinzione che un riscatto non sia possibile. Tali atteggiamenti accomunano molti degli intervistati, non consentono di affrontare attivamente i problemi e facilitano uno stile di vita passivo, basato sull’assistenzialismo. Le persone che “ereditano” povertà fanno fatica a fare progetti con l’obiettivo di migliorare la loro condizione sociale. Questa fatica limita il loro percorso personale, e rischia di trasmettere ai figli un senso di fatalismo e di inadeguatezza: la catena intergenerazionale della povertà, in assenza di un’adeguata attenzione e di politiche conseguenti, rischia di perpetuarsi meccanicamente, mettendo a repentaglio esistenze individuali, storie famigliari, equilibri sociali.
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