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vigevano
10 Maggio 2024 - 17:18
VIGEVANO - A un anno e mezzo dalla "congiura di Sant'Andrea" del 30 novembre 2022, il Tar lombardo ha messo un punto sul cosiddetto "caso dimissioni" : la sentenza che scaturisce dall'udienza dell'8 maggio respinge il ricorso presentato da quattro consiglieri di minoranza (Furio Suvilla, Giulio Onori, Rimma Garifullina ed Emanuele Corsico Piccolini) mantenendo in carica il consiglio comunale di Vigevano e di conseguenza il sindaco Andrea Ceffa e la sua giunta.
La vicenda si chiuderà qui a meno che il verdetto del Tar non venga impugnato davanti al Consiglio di Stato, decisione che sarà assunta nei prossimi giorni dai consiglieri ricorrenti.
Il cortile di Palazzo Comunale a Vigevano
Secondo il collegio dei giudici amministrativi (presidente Antonio Vinciguerra) il ricorso va respinto poiché il ripensamento notturno da parte dell'attuale capogruppo di Fratelli d'Italia Riccardo Capelli va considerato valido e presentato nei tempi e nei modi corretti. Non si realizza quindi il numero di 13 consiglieri necessario per determinare la decadenza del consiglio comunale. E questo a prescindere dalla gazzarra inscenata la mattina successiva e che ha permesso la sparizione della copia originale delle dimissioni dello stesso Capelli (ragione per cui il Prefetto non aveva sciolto il consiglio).
Si legge nella sentenza del Tar: "La dichiarazione di revoca (della delega) formulata dal consigliere Capelli tramite pec la notte del 30.11.2022 era idonea, sia per la sostanza che per il mezzo di comunicazione della pec avente efficacia leale, a privare la delega conferita alla presentazione delle proprie dimissione (rese il giorno prima) della propria efficacia e valenza in quanto era indirizza all’Ente comunale destinatario dell’attività materiale della consegna delle dimissioni. L’Ente era stato dunque informato, o quanto meno doveva ritenersi tale, della revoca della delega alla presentazione delle dimissioni del solo consigliere Capelli prima della presentazione delle stesse dimissioni per delega di un terzo. In questo modo, la revoca della delega era divenuta opponibile al Comune, impedendo così il perfezionamento della fattispecie dello scioglimento del Consiglio comunale ai sensi ai sensi dell’art. 141, comma 1, lett. b), n. 3, d.lgs. n. 267/2000, in quanto i consiglieri dimissionari non erano più tredici, ma dodici".
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