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Il personaggio

Da Vigevano all'Uganda per insegnare la cucina vegana

La storia di Kay Ravelli, missionaria laica. Li "aiuta a casa loro" per il puro amore verso il prossimo

Davide Maniaci

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dade.x@hotmail.it

16 Febbraio 2025 - 10:00

Da Vigevano all'Uganda per insegnare la cucina vegana

L’entusiasmo assoluto nell’aiutare tutti. La generosità come essenza stessa della sua vita. Questi concetti, che lei è in grado di esprimere in modo puro e disarmante, portano la panettiera vigevanese Kay Ravelli a fare armi e bagagli e a partire per l’Uganda. Lì insegnerà alla gente del posto i segreti della cucina vegana. Andrà a giugno seguendo Mama Yovò, associazione locale di missionari laici che a intervalli regolari si recano in Africa a donare beni e conforto.

«Per persone che non hanno niente – spiega – ogni dettaglio conta. Non usare carne rende tutto più economico. Coi prodotti del posto, cioè manioca, legumi, pomodori, cipolle, miglio, arachidi, si possono preparare capolavori. Basta sapere come utilizzarli». Mentre spiega, porge dei tortini che sembrano veramente fatti col cioccolato. Invece l’impasto è di fagioli. E sono buonissimi. Il ritorno è previsto per il 18 giugno, ma chi la conosce bene (come il figlio Andrea, con cui gestisce la panetteria di viale Petrarca) giura che Kay potrebbe anche rimanere lì per sempre. «Avevo tre sogni. Il primo – rivela – era andare in Canada, e l’ho fatto. Poi diventare panettiera. Il terzo era proprio l’Africa». Non per turismo, però: siccome il luogo comune del «se do soldi per beneficenza, chissà dove vanno a finire» ha una sua ragion d’essere, lei preferisce l’aiuto diretto. Va lì e si rimbocca le maniche. Siccome Ravelli, che sta per compierne 60, ha avuto realmente tante esistenze, non esiterà a costruire un forno, per poi cuocere il pane. Siccome è stata fabbro, penserà a costruire una rete per proteggere il villaggio dalle bestie. E così via: un senso pratico maturato nell’esperienza negli scout, iniziata da ragazzina e mai smessa. Questo vulcano di idee e umanità, che apre il cuore sentendola parlare con quei modi proprio “da nonna”, ha le idee chiarissime. «Nella vita – aggiunge – si rimanda troppo, sempre. Quando ormai i tuoi figli sono grandi, hai il dovere di realizzare i tuoi sogni. Vado lì sapendo di essere al servizio degli altri, di ascoltare. Non sono vegana, ma amo questa cucina. Lì, diventa necessità». A pensarci bene, la pasta al pomodoro è vegana. Il minestrone pure. E così via. Basta non avere pregiudizi di sorta. Un ragù di lenticchie basta chiamarlo «ragù». Che differenza fa?

Col figlio Andrea Valente

«Osservo – conclude la panettiera di Vigevano – le facce di chi vive qui: gente che ha tutto, ma sempre arrabbiata. In Africa invece non possiedono nulla e sorridono sempre. Mi aspetto questo, al ritorno, in valigia: sorrisi e occhioni spalancati. Chiunque può darti qualcosa». Forse è vero: ma amare davvero il prossimo come se stessi in questo modo no, non è comune affatto. È un dono raro.

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