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educazione alla legalità

Gli studenti della media Robecchi fanno educazione civica nella villa confiscata alla mafia

L’esperienza di cittadinanza attiva dei ragazzi che frequentano le classi seconde

Ilaria Dainesi

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ilaria.dainesi@ievve.com

31 Marzo 2025 - 17:49

Gli studenti della media Robecchi fanno educazione civica nella villa confiscata alla mafia

Portare i ragazzi a scoprire cosa significano davvero parole come mafia, confisca e riutilizzo sociale di un bene sottratto alla criminalità organizzata. Per farlo, gli studenti della scuola media Robecchi di Vigevano (Istituto Comprensivo di viale Libertà) hanno visitato la villa di via Oroboni, un tempo proprietà del clan 'ndranghetista Valle e oggi trasformata in un luogo di cultura e giustizia sociale gestito da Saltinmente e Spazio Neutro, nell’ambito di un progetto di educazione civica.

«Ma la mafia non è solo al Sud?» «Come possiamo riconoscere le attività della criminalità organizzata?» «Chi ha combattuto la mafia a Vigevano?». Sono alcune delle domande formulate dagli studenti delle classi seconde. Interrogativi che, però, rivelano un’esigenza profonda: «la necessità di educare alla legalità partendo dal territorio, dalle storie che hanno segnato la comunità, dalle ferite ancora aperte ma anche dalle rinascite possibili», spiegano dalla scuola.

Ad accogliere gli studenti, c’era un volontario di Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, che ha spiegato ai ragazzi la storia del clan Valle e delle persone che hanno avuto il coraggio di opporsi. Tra questi, Maria Grazia Trotti, imprenditrice vigevanese che nel 1992 fu la prima a denunciare le estorsioni del clan, rompendo il silenzio e l’omertà. «Vedere con i nostri occhi che cosa significa un bene confiscato ci ha fatto capire che la mafia non è un mostro lontano», ha commentato uno studente al termine della visita. «Anche qui, nella nostra città, c’è chi ha combattuto per la giustizia, e oggi possiamo fare la nostra parte».

«Quello della Robecchi – fanno sapere dall’Ic di viale Libertà – è un modello didattico che dimostra come la scuola possa essere laboratorio di cittadinanza. Insegnare la legalità non solo sui libri, ma attraverso l’esperienza diretta, il confronto con chi opera sul territorio, la conoscenza delle storie locali. Perché, come ricorda spesso don Ciotti, “la mafia teme più la scuola che la giustizia”. E quei ragazzi che oggi camminano tra i corridoi di via Oroboni, domani potranno essere cittadini più consapevoli, capaci di riconoscere le infiltrazioni criminali e di difendere il valore della legalità. Un seme piantato oggi, perché cresca una società più giusta».

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