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VIGEVANO
23 Settembre 2022 - 12:44
Il vigevanese Marco Bonacina, 45 anni
Un anno di allenamento a ritmo serrato per affrontare una sfida al limite. Così Marco Bonacina, 45 anni, vigevanese, si è preparato per affrontare il Tor des Géants, il “giro dei giganti” nel patois valdostano, considerata l'endurance-trail più dura del mondo, quella che coloro che l'hanno affrontata chiamano “la disumana”. Un percorso di 330 chilometri tra le vette delle Alpi, con partenza ed arrivo a Courmayeur, con un dislivello che varia tra i 24 ed i 30 mila metri, da coprire in un tempo massimo di 150 ore. Una sfida alla quale non solo occorre presentarsi in condizioni fisiche eccellenti ma anche con la solidità mentale necessaria. «Quella è la discriminante – racconta Bonacina – Se non si è preparati mentalmente difficilmente si riesce a completarla».
L'atleta vigevanese poco prima della partenza
Alla gara sono ammessi 1.000 atleti che vengono selezionati da una commissione che valuta i risultati di una serie di competizioni preliminari che assegnano diversi punteggi. Di essi 400 sono professionisti e 600 amatori. «Sono arrivato alla gara pronto – prosegue l'atleta vigevanese – ho lavorato molto e bene con il mio coach Davide Tucci. Le cose stavano andando benissimo, per chi partecipa la prima volta l'unico obiettivo è concludere la gara, poi però ho accusato un broncospasmo da sforzo, un effetto conosciuto della combinazione tra la fatica fisica e la privazione di sonno; a quel punto precauzionalmente ho preferito fermarmi. Ma dal punto di vista fisico avrei potuto completare il percorso».
Il percorso del Tor des Géants
Nel dettaglio i partecipanti al Tor des Géants si muovono in regime di semi-autosufficienza. «Prima del via tutti i partecipanti ricevono la mitica “sacca gialla” - racconta Bonacina – nella quale ciascuno può mettere tutto ciò di cui pensa di avere bisogno per i giorni di gara. Sono poi i volontari dell'organizzazione, i VolonTor, a provvedere a spostarla da un “punto vita” all'altro». I “punti vita” sono collocati ogni 55 chilometri: gli atleti possono sostarvi solo per due ore. «Lì bisogna ottimizzare il tempo – spiega ancora Marco Bonacina – Si deve controllare l'attrezzatura, farsi una doccia veloce, mangiare e soprattutto dormire più possibile. L'organizzazione mette a disposizione ogni tipo di cibo; ciascuno si regola. Io ho trovato l'equilibrio perfetto con il brodo con i crackers, proteine, liquidi e carboidrati. Ma ho visto concorrenti mangiare anche tre o quattro etti di pasta». Ogni 10 chilometri sono collocati invece i “punti ristoro” ai quali si deve transitare in tempi stabiliti.
Le "sacche gialle" dei partecipanti
La gara in sé è durissima, con dislivelli tremendi. «Si corre per chilometri in salita, ed è una cosa, ma anche in discesa, che è ben peggio – prosegue l'atleta vigevanese – bisogna restare al massimo della concentrazione per evitare possibili infortuni anche per 20 ore consecutive, con la prospettiva di potersi riposare pochissimo». Quest'anno a vincere la sfida tra gli “ironmen” è stato lo svizzero Jonas Russi che ha concluso il percorso in 70 ore, 31 minuti e 36 secondi prima che l'ultimo giorno la competizione fosse sospesa per il maltempo.
Per Bonacina quella di Courmayeur è stata un'esperienza straordinaria. «E non soltanto per l'aspetto strettamente sportivo – sottolinea – In gara c'erano atleti di 62 Paesi, l'organizzazione è stata perfetta. C'erano tutte le premesse per fare bene. Per questo non considero chiuso il mio conto il Tor. Ne ho parlato con il mio coach, nei prossimi mesi valuteremo se ed eventualmente quanto riprovarci. Se è vero che alla prima partecipazione si ritirano almeno il 50% dei partecipanti, la seconda volta si può pensare di concludere la gara. E io sono convinto di potercela fare».
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