Cerca

Il processo

Eredi Bertè, il tecnico dell'impianto antincendio: il rogo potrebbe essere partito dal muletto

Ha testimoniato oggi a Pavia davanti al Tribunale Mauro Varchi, tecnico della prevenzione incendi per l'azienda. Ha fatto un sopralluogo a Mortara nel 2019, due anni dopo l'evento

Bruno Romani

Email:

bruno.romani@ievve.com

03 Luglio 2023 - 22:25

Eredi Bertè, il tecnico dell'impianto antincendio: c'era un solo innesco. Il rogo potrebbe essere partito dal muletto

Il rogo dell'azienda Bertè

Il rogo nell'azienda Eredi Bertè, di via Fermi a Mortara è avvenuto 6 settembre 2017. È stato un evento drammatico, che ha coinvolto la città per quindici giorni, con fiamme altissime e un fumo denso e acre che ha interessato non solo Mortara, ma anche l'interland per diversi chilometri.

Per individuare i colpevoli i procedimenti penali in corso presso il Tribunale di Pavia sono due. Davanti al giudice monocratico Vincenzo Bertè, 55 anni, deve rispondere dell'accusa di incendio doloso. Sarebbe lui, se verrà provato, che avrebbe dato fuoco all'impianto.

Il secondo procedimento è fissato davanti al collegio giudicante presieduto da Daniela Garlaschelli.

Il Tribunale di Pavia

Nell'udienza che si è tenuta oggi, lunedì, sono stati chiamati diversi testi dalla difesa, sostenuta per Bertè dagli avvocati Perla Sciretti e Raffaele Della Valle. Il Tribunale, in questo dibattimento, non si occupa solo dell'incendio, ma anche di traffico di rifiuti e reati fiscali, alla luce del fallimento dell'azienda. Un'inchiesta che ha coinvolto anche la Dda di Milano e ha portato, nell'ottobre del 2021, all'arresto di Vincenzo Bertè e Andrea Carlo Biani, coetaneo di Bertè e amministratore della Eredi Bertè Ecology. Il terzo imputato è Vincenzo Ascrizzi, 38 anni, coinvolto per reati amministrativi e riciclaggio. Nell'occasione degli arresti a lui erano toccati i domiciliari.

Oggi ha testimoniato in questo processo Mauro Varchi, 58 anni, tecnico che si era occupato della prevenzione incendi dell'azienda. Il certificato di idoneita era arrivato dai vigili del fuoco nel 2011. Varchi ha avuto la possibilità di effettuare un sopralluogo e un'operazione peritale anche dopo l'incendio, nell'aprile del 2019, con il supporto dei carabinieri, visto che l'area era ancora sotto sequestro.

In udienza sono stati chiariti alcuni aspetti sostanziali anche su domande poste dal pubblico ministero Paolo Mazza. L'impianto antincendio – secondo il perito - era funzionante, ma quando è scoppiato il rogo ha collassato e parte delle tubazioni sono andate fuori uso prima che arrivassero i vigili del fuoco. Le pompe funzionavano, la cisterna era piena, ma da idranti e manichette non usciva acqua. Secondo il tecnico, inoltre, non c'erano inneschi plurimi, che sono una delle ragioni per cui si accerta fuori di ogni dubbio che un incendio è doloso. Il rogo, secondo Mauro Varchi, potrebbe essere partito dal muletto e da un possibile corto circuito. Nel procedimento che pende davanti al giudice monocratico le conclusioni tirate sono state le stesse. Ma l'accusa sostiene che sarebbe stato proprio Bertè a portare il muletto nel magazzino della carta.

Nel processo sono presenti come parti civili il comune di Mortara e l’associazione ambientalista Futuro Sostenibile. Oggi sono stati sentiti anche Marco Morasco, tecnico del Clir, azienda pubblica fallita, che conferiva almeno tre o quattro camion di rifiuti al giorno all'azienda Eredi Bertè e il primario dell'ospedale di Mede Simone Bagnoli, che ha ricoverato a luglio del 2017 Vincenzo Bertè, per esami clinici. A causa del ricovero Arpa ha spostato il previsto sopralluogo da luglio a settembre. Ma i controlli non sono mai avvenuti, perchè nella notte del 6 settembre è scoppiato l'incendio.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su L'informatore

Caratteri rimanenti: 400