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violenza contro le donne
23 Febbraio 2024 - 12:27
Immagine di repertorio
C’è un aspetto di cui si parla poco quando si affronta il tema della violenza di genere, ed è quello dell’accoglienza delle vittime. Dove vanno a vivere le donne e, se ne hanno, i loro figli, quando per questioni di sicurezza sono costrette a lasciare la loro abitazione? Esistono strutture protette dedicate, che sono denominate “case rifugio”. Nei giorni scorsi la giunta di Vigevano ha deliberato gli indirizzi per concedere un immobile da adibire a casa rifugio per donne vittime di violenza di secondo livello, cioè per donne che «non si trovino in situazione di pericolo immediato e che necessitino di un periodo limitato di tempo per compiere il percorso di uscita dalla violenza e raggiungere l’autonomia». L’immobile era stato concesso nel 2017 dall’Agenzia del Demanio al comune di Vigevano e, l’anno successivo, era stata stipulata una convenzione con Ats Pavia e Regione, che ha permesso di coprire il 90% circa delle spese per la sistemazione e l’arredamento dell’appartamento (può ospitare fino a sei persone); nel 2018 il Comune aveva concesso l’alloggio a Kore, e ora verrà assegnato in concessione attraverso un nuovo avviso pubblico. Ma esistono diverse tipologie di case rifugio e a mancare sono soprattutto quelle per la “prima emergenza”, che sono strutture a indirizzo segreto.
«In tutta la provincia di Pavia – spiega Nicla Spezzati, presidente del centro antiviolenza Kore – non è presente una sola casa rifugio di questo tipo, che invece sarebbero utilissime. Nelle ultime settimane abbiamo dovuto fronteggiare un numero impressionante di emergenze, donne che arrivavano dal pronto soccorso, in situazioni ai limiti. In questi casi o ci si rivolge a strutture di Milano, ma non sempre ci sono disponibilità. O in alberghi, che però non possono essere considerate strutture davvero “sicure”, e che presentano poi un problema di costi che si riversa sui centri antiviolenza, qualora i Comuni non corrispondano. Da tempo, insieme alla rete antiviolenza di Pavia, chiediamo sia messa a disposizione una struttura con queste caratteristiche, che possa servire il nostro territorio provinciale. Le diverse tipologie di case rifugio corrispondono infatti alle varie fasi verso la vita autonoma. Dopo l’emergenza, si passa a una casa rifugio di primo livello, che è sempre a indirizzo segreto e accoglie la vittima fino a un massimo di 180 giorni. La case di secondo livello servono per l’accompagnamento alla semiautonoma. Significa, ad esempio, che ci deve essere una compartecipazione nelle spese di vitto e di gestione da parte delle donne ospitate – conclude la presidente di Kore – Se le donne non riescono a far fronte a queste spese, deve intervenire il centro antiviolenza».
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