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Il giudizio

Delitto Ibrahim, le difese della famiglia Rondinelli ricorreranno in appello

Con la condanna a trent’anni per ognuno i giudici hanno ritenuto che l’omicidio sia stato un agguato organizzato per “risolvere” i rapporti con la vittima

Bruno Romani

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bruno.romani@ievve.com

03 Ottobre 2024 - 12:34

Delitto Ibrahim, le difese della famiglia Rondinelli ricorreranno in appello

I Ris al capannone di Cassolnovo e Ibrahim Mansour (nel riquadro)

Tre componenti della famiglia Rondinelli di Cilavegna sono stati condannati a trent’anni di carcere ognuno per l’omicidio di Mohamed Ibrahim Mansour, 45 anni, egiziano, avvenuto l’11 gennaio 2023. In questi giorni sono state pubblicate le motivazioni della sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Pavia presieduta dalla giudice Elena Stoppini. È ormai certo che i tre avvocati della difesa ricorreranno in appello. «Faremo appello - afferma l’avvocato vigevanese Francesca Quarto - ritengo le motivazioni insufficienti e basate solo su una testimonianza». La Corte, motivando, ha invece ritenuto l’omicidio avvenuto nel capannone di Cassolnovo (di proprietà della famiglia, ma affidato a Ibrahim Mansour) «un agguato riuscito (...) frutto di una precisa deliberazione del gruppo familiare Rondinelli, assunta dopo l’ennesimo diverbio (...) con una pistola tre fucili e munizioni». Gli imputati erano Antonio Rondinelli, 60 anni (difeso da Guglielmo Panucci), la moglie Carmela Calabrese, 57 (difesa da Rosemary Patrizi) e il figlio Claudio, 41 (con l’avvocato Quarto). Un altro figlio di Antonio Rondinelli, Massimo, aveva confessato ed era già stato condannato a 19 anni con rito abbreviato.

Alla frazione Morsella, il luogo dove l'auto carbonizzata di Ibrahim è stata ritrovata

La vicenda era scaturita per «risolvere definitivamente - spiega ancora la sentenza - la questione dei rapporti con l’ex compagno di Daniela, divenuto ormai una figura ingombrate». La vittima Ibrahim Mansour aveva avuto una bimba dal rapporto con la più giovane delle figlie di Antonio Rondinelli e pensava di poterne chiedere l’affido, ma aveva necessità di una casa che i Rondinelli gli avevano promesso. Un’altra sorella, Elisa, era a quei tempi la compagna di Luigi D’Alessandro che si è assunto la responsabilità (con Antonio) dell’occultamento del cadavere alla frazione Morsella di Vigevano. Il corpo era stato trovato carbonizzato a bordo della sua auto il 14 gennaio, tre giorni dopo l’omicidio. D’Alessandro è stato l’unico a raccontare i dettagli durante la sua testimonianza. Gli altri hanno respinto ogni addebito. Soddisfazione dell’avvocato Fabio Santopietro di Vigevano, che tutelava le parti civili (i familiari di Ibrahim) le quali hanno ottenuto un risarcimento complessivo di 762.978 euro.

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