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Peste suina, le criticità sugli abbattimenti

Report ha documentato l’utilizzo dell’elettrocuzione dopo gli ultimi focolai rilevati. Le riprese effettuate anche in alcuni allevamenti della Lomellina. A preoccupare è la contagiosità del virus

Ilaria Dainesi

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ilaria.dainesi@ievve.com

23 Novembre 2024 - 00:11

Peste suina, le criticità sugli abbattimenti

Abbattimenti eseguiti con metodi discutibili, mancato rispetto delle misure di biosicurezza, e ritardi nella rimozione dei cinghiali morti. Sono alcuni dei punti toccati nel servizio di Report, Rai3, andato in onda la scorsa domenica sera – “Il virus e il nemico in casa” della giornalista Giulia Innocenzi – in cui si cerca di fare il punto su quale sia la situazione rispetto all’epidemia di peste suina africana che ha colpito il nostro Paese. Il quadro non è confortante. Perché la malattia sembra accelerare, come emerso anche dopo i focolai scoperti in estate. Il virus della Psa non rappresenta un pericolo per l’uomo, ma a preoccupare è la sua alta contagiosità.

Durante controlli effettuati in alcuni supermercati in Emilia, i Nas hanno individuato la presenza del virus in carne in vendita, e pure all’interno di snack salati vegetali, prodotti poi distrutti non per rischi legati alla salute umana, ma per scongiurare l’allargamento del contagio.

Dopo l’ultima ondata di Psa, la Procura di Pavia aveva aperto un’inchiesta per comprendere le cause dei focolai scoperti negli allevamenti della Provincia, disponendo un’indagine epidemiologica. Gli inquirenti hanno ipotizzato che il virus negli allevamenti possa essere stato diffuso non soltanto dal contatto con cinghiali infetti, ma anche dalla scarsa applicazione da parte di allevatori e veterinari delle misure di igiene e biosicurezza.

Alcuni degli allevamenti contagiati, anche con 20 o 10mila capi ciascuno, si trovano in Lomellina. E qui sono stati realizzati alcuni dei filmati che documentano i metodi di abbattimento con il gas: i suinetti vengono chiusi in un container in cui viene rilasciato il gas, morendo asfissiati (o per shock termico).

Ma in alcuni allevamenti gli abbattimenti sono stati eseguiti anche con l’elettrocuzione, metodo sconsigliato – già al centro di un question time in Parlamento (dopo la messa in onda del servizio di Report sono state presentate anche di due interrogazioni parlamentari –, che viene opzionato però per gli esemplari più grossi (oltre i 40 chili), perché in Italia non ci sarebbero ditte in possesso della strumentazione adeguata per trattare animali di queste stazze.

I video, realizzati in allevamenti di diverse province del nord Italia, mostrano esemplari sofferenti e terrorizzati, inseguiti dagli operatori che spesso non sono in grado di posizionare correttamente le pinze (la scossa dovrebbe essere data sulle tempie); in alcuni casi il maiale non muore anche dopo ripetute scosse, e viene ucciso tramite un colpo di pistola, come documentato in un allevamento di Trecate.

Ma pure sulla gestione dei cinghiali – ritenuti i principali vettori del contagio – emergono criticità: sulle reti di contenimento (il servizio documenta la situazione tra Liguria e Piemonte) non viene fatta la dovuta manutenzione, con la conseguenza che gli animali riescono a passare. E non sempre la rimozione delle carcasse dei cinghiali potenzialmente infetti è stata eseguita in tempi rapidi.

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