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Delitto di Garlasco
30 Maggio 2025 - 18:07
Alberto Stasi in una foto scattata all'epoca dei fatti nei pressi del Tribunale di Vigevano
La richiesta della Procura generale di Milano era stata presentata alla Cassazione circa un mese fa. I magistrati vorrebbero la revoca del provvedimento con cui il Tribunale di sorveglianza ha concesso la semilibertà ad Alberto Stasi, l'allora fidanzato di Chiara Poggi che sta finendo di scontare 16 anni di carcere. Il motivo dell'impugnazione sarebbe legato alla mancata richiesta di autorizzazione a rilasciare un'intervista al programma Le Iene durante un permesso per un ricongiungimento familiare. Ma i legali di Alberto Stasi hanno subito replicato: «La Procura Generale - spiega l’avvocato Giada Bocellari - ha impugnato per la questione dell'intervista, già ampiamente chiarita dal carcere e dal Tribunale di Sorveglianza. Quindi siamo tranquillissimi anche perché, se mai avesse violato qualche prescrizione, avrebbero dovuto revocargli il lavoro esterno e non negargli la semilibertà». In pratica, se, come ritiene la Procura generale, Stasi ha violato una prescrizione, non chiedendo l'autorizzazione per quell'intervista andata in onda il 30 marzo su "Le Iene", i giudici avrebbero dovuto semmai revocargli il lavoro esterno, anche perché la semilibertà non era stata ancora concessa. «Quindi - spiega ancora la legale - vi è anche un problema di norme di riferimento nel ricorso presentato dalla Procura Generale, che evidentemente ha ritenuto di perseguire la linea già paventata in udienza l'aprile scorso». Il ricorso è stato presentato circa un mese fa, anche se la notizia è emersa solo oggi. I giudici di Milano avevano fatto presente che "non si sono rilevate infrazioni alle prescrizioni". Stasi non aveva "alcun divieto espresso di avere rapporti con i giornalisti" durante il permesso premio. E a "prescindere da ogni diversa valutazione circa la possibilità (...) di intrattenere rapporti con la stampa, considerato il tenore pacato dell'intervista", per i giudici, "tale comportamento, se valutato nel contesto di un percorso carcerario connotato dal rigoroso e costante rispetto delle regole, anche nel corso dei benefici penitenziari concessi (grazie ai quali già usufruisce di considerevoli spazi di libertà)" non è "idoneo ad inficiare gli esiti" positivi dell'iter di Stasi
La questione nel dettaglio. L'11 aprile Stasi, dopo aver già ottenuto nel 2023 il "lavoro esterno", ossia la possibilità di uscire tutti i giorni dal carcere per darsi da fare come contabile in un'azienda milanese, era stato "ammesso" anche al "regime di semilibertà". Dal 28 aprile, da quando il provvedimento della Sorveglianza è diventato effettivo, Stasi può uscire dal carcere la mattina, ad un preciso orario indicato nelle prescrizioni, e deve rientrare la sera, dopo cena in sostanza e sempre ad un orario stabilito, potendo quindi restare fuori più di dodici ore in totale e non solo per lavorare. La Procura generale, diretta da Francesca Nanni, con la sostituta pg Valeria Marino, aveva già chiesto, nell'udienza di discussione il 9 aprile, il rigetto dell'istanza di semilibertà, evidenziando un unico “neo” nel suo comportamento, ovvero quella mancata richiesta di autorizzazione al magistrato di Sorveglianza per quell'intervista, durante un permesso premio. In un documento agli atti del procedimento, però, il direttore del carcere di Bollate, Giorgio Leggieri, aveva voluto precisare che era «stata registrata durante il permesso premio», il 22 marzo, e che «non si sono rilevate, pertanto, infrazioni alle prescrizioni». Stessa linea tenuta nell'ordinanza dai giudici (Caffarena, Gentile e due esperti), che avevano dato ragione agli avvocati di Stasi. I giudici nel provvedimento avevano citato le relazioni tutte positive dell'equipe del carcere e spiegato che il 41enne, ex bocconiano e in carcere da dieci anni dopo la sentenza definitiva del 2015, anche se si è sempre proclamato innocente, ha tenuto «un comportamento in linea con l'accettazione della condanna». E «ha sempre manifestato empatia e sofferenza verso» la vittima. Per la Procura generale, però, la mancata richiesta di autorizzazione per quell'intervista è un comportamento che i giudici dovevano valutare diversamente e non in linea con la concessione della semilibertà. Ora la Cassazione dovrà fissare un’udienza e decidere. Tra non molto, tra l'altro, Stasi potrà chiedere anche l'affidamento in prova ai servizi sociali, misura alternativa alla detenzione.
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