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A Roma
05 Luglio 2025 - 12:35
I Ris nel capannone di Cassolnovo e nmel riquadro Ibrahim Mansour
Il corpo di Mohamed Ibrahim Mansour, egiziano di 43 anni, era stato trovato il 14 gennaio 2023 nelle campagne della frazione Morsella di Vigevano a bordo della sua auto data alle fiamme. Ma l’omicidio era avvenuto (con pistola e fucili) l’11 gennaio 2023 in un capannone di Cassolnovo di proprietà della famiglia Rondinelli di Cilavegna. Sono stati Antonio Rondinelli, il padre di 61 anni e il figlio Claudio a commettere il delitto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione di Roma che ha respinto il ricorso di revisione del processo d’Assise d’Appello di Milano del febbraio di quest’anno. In quella sede Antonio era stato condannato a 25 anni e Claudio a 24, mentre la mamma Carmela Calabrese, 57 anni, è stata assolta. Tutti e tre in Corte d’Assise a Pavia erano stati invece condannati a 30 anni di reclusione. Sia gli avvocati di Antonio (Massimo Lovati) e di Claudio (Francesca Quarto) erano ricorsi alla Cassazione, così come la Procura generale di Milano, che ha impugnato la sentenza di assoluzione per la Calabrese ritenendola responsabile di concorso morale. Ma la Cassazione ha rigettato tutte e tre le istanze. E le sentenze pronunciate a Milano dalla giudice Ivana Caputo sono state confermate. «Mi aspettavo un esito diverso – ha commentato l’avvocato Quarto – anche alla luce dell’assoluzione della mamma. Attendiamo le motivazioni e poi decideremo ulteriori possibili passaggi».
LA VICENDA
Il capannone di Cassolnovo dove è avvenuto l’omicidio era stato affidato dalla famiglia Rondinelli a Ibrahim Mansour, quest’ultimo lo utilizzava per lavoro. La vittima aveva avuto una bimba dal rapporto con la più giovane delle figlie di Antonio Rondinelli e pensava di poterne chiedere l’affido, ma aveva necessità di una casa, che i Rondinelli gli avevano promesso, ma il rogito non fu possibile e Ibrahim si fece sempre più insistente, scatenando la reazione dei Rondinelli. Al delitto partecipò anche un altro figlio di Antonio, Massimo Rondinelli, che ha confessato solo la propria responsabilità ed era già stato condannato in precedenza a 19 anni con rito abbreviato. Un’altra sorella, Elisa, era a quei tempi la compagna di Luigi D’Alessandro che si è assunto la responsabilità (con Antonio) dell’occultamento del cadavere bruciando l’auto alla frazione Morsella di Vigevano. Per questo reato ha patteggiato un anno e sei mesi di reclusione. L’avvocato Fabio Santopietro di Vigevano tutelava nel processo i familiari di Ibrahim, che si sono costituiti parte civile.
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