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il caso
17 Novembre 2021 - 19:32
Sentenza del giudice del lavoro su un dipendente del calzaturificio Moreschi
VIGEVANO - Licenziato dal calzaturificio Moreschi per avere «rivelato a terzi notizie riguardanti la nostra azienda», ma riassunto dal giudice del lavoro, che ha annullato il provvedimento disciplinare.
La sentenza emessa venerdì scorso (12 novembre) dal giudice Gabriele Allieri del Tribunale di Pavia riabilita completamente un lavoratore del calzaturificio, cacciato dall’azienda (dal socio di maggioranza del fondo Hurley che ne detiene la maggioranza azionaria, Guido Scalfi in persona) a metà maggio scorso.
Un momento dello sciopero del luglio scorso al calzaturificio Moreschi, con i lavoratori sul piede di guerra contro la proprietà rappresentata dal fondo svizzero Hurley Sa di Guido Scalfi
Sciopero alla Moreschi: le voci delle lavoratrici
VIGEVANO - Il poco lavoro, la cassa integrazione, persino la mancanza di pulizie nei servizi igienici. Nel VIDEO le testimonianza della lavoratrici del calzaturificio nel corso del presidio di martedì mattina davanti alla fabbrica.
Un verdetto che «annulla il licenziamento intimato da Moreschi Spa» e «condanna Moreschi Spa a reintegrare» il lavoratore al suo posto «e a pagargli un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo, maggiorati degli interessi nella misura legale, oltre accessori di legge». All’azienda toccherà pagare anche tutte le spese legali.
I fatti risalgono alla scorsa primavera. Il lavoratore, in azienda da molti anni, viene impiegato come autista dal socio di maggioranza e nel marzo 2021 su richiesta dell’azienda accompagna due persone da essa delegate e due potenziali acquirenti a visionare lo stabilimento della ex Stemar di via San Giovanni. Un’iniziativa di cui i soci di minoranza, la Conifere srl della famiglia Moreschi vengono a conoscenza e della quale, tramite Mario Moreschi, chiedono conferma al lavoratore, che la fornisce prima verbalmente poi per iscritto, con una dichiarazione firmata. Moreschi informa il collegio sindacale dell’iniziativa in atto e la vicenda va a inserirsi nel contenzioso ancora aperto tra le parti.
Ne fa le spese il lavoratore, che viene chiamato da Scalfi, il quale - è scritto testuale nella sentenza - lo affronta «proferendo una frase intrinsecamente aggressiva e vagamente minacciosa del seguente tenore: “lei si deve vergognare per quello che ha fatto, si deve vergognare con i suoi figli, non troverà mai più lavoro da nessuna parte, io la denuncio”». Ma prima di tutto lo licenzia.
Il Palazzo di Giustizia di Pavia. La sentenza sul caso del lavoratore Moreschi è stata emessa dal giudice Gabriele Allieri
Il giudice però considera illegittima questa azione perché è da ritenersi «che la condotta del lavoratore non si sia rivolta ad un soggetto terzo, in quanto tale estraneo alla società e avente interessi confliggenti con quelli di quest’ultima», perché, «un socio, in questo caso, non può considerarsi terzo rispetto alla società, ma, a prescindere dal valore delle sue quote, una componente della stessa» e quindi con il diritto di conoscere aspetti dell’attività societaria. «Va inoltre escluso - prosegue il giudice Allieri - che la condotta del lavoratore abbia integrato una fonte di danno, anche solo potenziale, per Moreschi Spa». La trattativa per la cessione dello stabilimento è poi naufragata, ma non a causa delle informazioni che il socio di minoranza già possedeva e confermate dal lavoratore. Che così ha riavuto il suo posto in fabbrica.
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