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«L'industria lombarda, cuore dell'Europa»

Questa mattina a Milano l'assemblea generale di Assolombarda. L'intervento della premier Giorgia Meloni

Bruno Ansani

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bruno.ansani@ievve.com

03 Luglio 2023 - 16:24

«L'industria lombarda, cuore dell'Europa»

MILANO - “Noi siamo, per natura geografica, nel cuore dell’Europa e, per capacità industriale e ruolo progettuale, il cuore dell’Europa. Storicamente qui, nel territorio della Grande Milano, è sempre stato collocato il baricentro strategico dell’economia italiana, al crocevia d’Europa. Permettetemi, quindi, di rendere giustizia a ciò che la nostra industria rappresenta: un modello manifatturiero vincente, per qualità, innovazione, visione, espressione profonda del made in Italy in Europa e nel mondo”. Così Alessandro Spada, Presidente di Assolombarda, ha aperto questa mattina la sua Relazione in occasione dell’Assemblea Generale dell’Associazione, che si è tenuta presso il Camozzi Research Center, hub tecnologico del Gruppo a Milano.

L’Assemblea ha visto anche gli interventi di Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri; di Thierry Breton, Commissario Europeo per il Mercato interno; di Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria; di Attilio Fontana, Presidente di Regione Lombardia: di Giuseppe Sala, Sindaco di Milano. I lavori si sono conclusi con l’inaugurazione del Camozzi Research Center.

L'intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Tra i passaggi più significativi l'accenno ai fondi del Pnrr: "Vi assicuro che i fondi li metteremo a terra costi quel che costi, modificheremo le parti che non vanno bene priviligeremo il profilo strategico" negli investimenti, "contratteremo con la Ue, faremo le norme necessarie a superare le lungaggini e le difficolta degli enti locali. Se qualcuno vuole rimanere a guardare vorrà dire che quando avremo terminato avrà imparato una lezione".

ALCUNI DEI PUNTI TOCCATI DALLA RELAZIONE DEL PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI SPADA

Infrastrutture: terminare Pedemontana e ampliare Malpensa “Completiamo una volta per tutte le infrastrutture strategiche che interessano il nostro territorio e che ci permettono di mantenere il ruolo di principale porta italiana da e verso i tradizionali partner dell’Europa occidentale. Le stesse che ci danno la prerogativa di essere crocevia verso l’Europa Continentale, il Mediterraneo e verso l’Est europeo. Dunque, terminiamo quanto prima il Terzo Valico dei Giovi, la Torino-Lione. Ma anche la Pedemontana e l’ampliamento di Malpensa, che da sola fa più del 65% del traffico cargo-aereo italiano”. 

Governance territoriale: completare la riforma di Città Metropolitana e dare il via all’autonomia regionale differenziata “Infine, per permettere ai nostri territori di crescere ulteriormente, non possiamo non ragionare in ottica “metropolitana”. Senza tergiversare ancora serve portare a compimento una riforma che assicuri alla Milano allargata di essere, a tutto tondo, il “gate” economico d’Europa e del mondo. Per farlo servono fondi, l’elezione diretta del Sindaco e tempi certi. Nella stessa direzione, in una dimensione ancora più grande, il capitolo dell’autonomia regionale differenziata. Il nostro passo, nettamente più spedito, permetterà al Paese intero una corsa virtuosa e non il contrario”.

Rivendichiamo con orgoglio il nostro modello manifatturiero “La nostra industria manifatturiera possiede migliaia di campioni che operano con successo a livello internazionale in segmenti altamente specializzati della nostra manifattura. Secondo i dati di una ricerca inedita svolta da Fondazione Edison, quasi l’80% dell’export manifatturiero italiano viene realizzato da imprese medie, medio-grandi e grandi con un numero di occupati che va da 50 a un massimo di 4.999 addetti. Queste imprese sono in totale 9mila. A queste si aggiungono altre 27mila piccole imprese con un numero di addetti che va da 10 a 49, che coprono un restante 13%. Le imprese con più di 5mila addetti, invece, sono 13 e pesano per meno del 7% dell’export. Il nostro Paese, insomma, non è né penalizzato dalla mancanza di grandi gruppi industriali, né tanto meno schiacciato su imprese di piccole dimensioni. È proprio la taglia delle nostre imprese, infatti, che ci permette di essere leader a livello internazionale in quei segmenti produttivi in cui qualità, innovazione e flessibilità costituiscono fattori competitivi. Dobbiamo essere profondamente orgogliosi del nostro modello manifatturiero, spesso accusato ingiustamente di fare pochi investimenti, di essere poco tecnologico, di non essere sufficientemente competitivo e di essere, perciò, inadatto a competere nella sempre più dura arena del mercato globale. Niente di più lontano dalla realtà”.

L’economia italiana è cresciuta di più di quella mondiale nel suo complesso: un nuovo piccolo «miracolo economico» grazie alla nostra manifattura “La pandemia prima, il conflitto Russia-Ucraina poi, unitamente al caro energia e all’emergenza materie prime e semilavorati, sono stati i fattori che hanno determinato un clima di forte incertezza con cui l’Europa e l’Italia hanno dovuto fare i conti. Un contesto che ha messo a dura prova la tenuta delle imprese che, nonostante tutto, hanno fatto uno sforzo immenso per salvaguardare la loro attività e vincere le sfide sui mercati internazionali. L’industria manifatturiera del nostro Paese, dopo aver contribuito con una crescita del 14,1% del suo valore aggiunto alla ripresa economica del 2021, nel 2022 è aumentata ancora dello 0,3%. A questo si aggiunge la crescita del PIL dello 0,6% nel primo trimestre di quest’anno: più di Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e anche degli Stati Uniti. E ancora nel 2022 l’export manifatturiero ha segnato il record di 594 miliardi di euro su un totale di 625 miliardi. Un nuovo piccolo «miracolo economico» reso possibile dalla reattività e competitività della nostra manifattura. I nostri territori, come sempre, hanno fatto la loro parte, reagendo alle difficoltà con maggior forza rispetto agli altri, in Italia e in Europa. Anche le ultime previsioni sul PIL delle più grandi regioni europee confermano la nostra crescita. A fine 2023 la Lombardia si troverà al 4,3% sopra i livelli pre-pandemia, il BadenWürttemberg sarà sotto dello 0,9%, la Baviera sopra solo dello 0,5%, mentre la Catalogna sarà tornata ai livelli di cinque anni fa”.

Serve rafforzare l’Unione Europea per affrontare annuvolamento scenario mondiale “Ci troviamo però dinnanzi a tempi di grandi incertezze, sia di breve sia di lungo periodo con un serio annuvolamento dello scenario europeo e mondiale. C’è da chiedersi dove ci porterà una politica monetaria di rialzi dei tassi di interesse da parte della BCE così forte e concentrata nel tempo, mentre le nostre imprese stanno ancora scontando i rincari dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Ma l’attuale rallentamento della nostra produzione industriale dipende anche da cause “interne” all’Unione. Per non disperdere il patrimonio di progressi e di crescita che abbiamo accumulato negli ultimi anni, siamo consapevoli che serve rafforzare l’Unione Europea e dotarla di capacità autonome per promuovere beni pubblici europei. Con la pandemia e la guerra abbiamo capito che i rischi devono essere socializzati, che nessun Paese europeo può essere sovrano da solo. In questo senso il varo del Next Generation EU, il SURE e il temporaneo allentamento del Patto di Stabilità hanno rappresentato un concreto cambio di passo rispetto ad un passato in cui i dogmatismi dei rigidi vincoli di bilancio e dell’austerità sembravano essere l’unica opzione possibile. Purtroppo, questo atteggiamento sembra già aver fatto il suo corso, forse anche per l’avvicinarsi della scadenza del mandato di questa Commissione Europea e per i connessi tatticismi elettorali. Mi riferisco, per esempio, alle nuove e molto dibattuto regole sui conti degli Stati. Infatti, una volta passata l’emergenza è corretto tornare a schemi di equilibrata finanza pubblica, ma per raggiungere una reale stabilità e soprattutto la crescita serve poter investire. E per investire, non puoi avere le mani legate”.

Svincolare gli investimenti strategici per il Paese dal Patto di Stabilità “Chiedo, quindi, al Presidente Meloni di promuovere un forte sforzo per far passare, a livello europeo, il principio per cui gli investimenti strategici per il Paese non siano sottoposti al Patto di Stabilità. Mi riferisco, per esempio, al caso della sanità, uno dei molteplici settori in cui i nostri territori rappresentano un’eccellenza del modello di collaborazione tra pubblico e privato. La Lombardia, con oltre 210 milioni di euro di finanziamenti, è la prima regione in Italia per contributo dell'Unione Europea alla ricerca sulle scienze della vita. Una filiera che genera 27 miliardi di valore aggiunto l’anno e che, comprensiva di indotto, pesa per il 13% del PIL regionale. Tutti investimenti che nella filiera della salute generano crescita, benessere, coesione sociale, ricerca, innovazione, tech transfer e nuova industria, per il territorio, per il Paese, per l’Europa e che, di conseguenza, non dovrebbero essere sottoposti al Patto”.

PNRR: impostazione da rivedere per non perdere progetti virtuosi come la ‘Casa degli ITS’ a Milano “Siamo consapevoli che abbiamo una responsabilità nei confronti di tutta l’Unione: se il debito comune europeo continuerà a essere emesso dipenderà soprattutto da noi. L’attuazione del PNRR è uno spartiacque: vanifica o, al contrario, concretizza le ambizioni dell’Europa che vogliamo. Conosciamo bene i problemi di impostazione, di tempi e di esecuzione materiale che il PNRR comporta. Vi faccio un esempio che ci tocca direttamente: come Assolombarda, insieme a Comune di Milano e Regione Lombardia, stiamo lavorando alla costruzione di una ‘Casa degli ITS’ che raccolga in un’unica sede tutti gli ITS operanti nel territorio. È un’operazione strategica perché la formazione tecnica garantisce una occupabilità di oltre l’80%. Bene: il PNRR ha tra i suoi obiettivi quelli di favorire la formazione tecnica per mezzo degli ITS, ma concede risorse solo per la riqualificazione degli edifici e non, come servirebbe nel nostro caso, per una nuova costruzione. È evidente che ci sia un problema di impostazione a monte del Piano che non segue la logica del buonsenso e della qualità dei progetti ma, al contrario, mette inutili paletti”.

PNRR: trasformare le risorse inutilizzate in crediti d’imposta alle imprese “Quando parliamo di PNRR ci riferiamo a una miriade di rivoli di spesa, secondo una cattiva abitudine italiana volta alla perenne ricerca del consenso politico sul territorio e di una moltitudine di stazioni appaltanti, tra cui anche tanti piccoli comuni senza organizzazione tecnica. Oggi spetta al Governo il compito di trovare una soluzione per rivedere il Piano da concordare con l’Europa. In tal senso, proponiamo che si trasformino le risorse che non riusciremo a scaricare a terra nello stesso strumento usato dall’IRA americano: i crediti d’imposta alle imprese. Di fatto è lo stesso modello alla base di Industria 4.0, l’unico vero piano di politica industriale degli ultimi anni che ci ha dato una svolta epocale in termini di competitività”. 

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