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14 Settembre 2023 - 14:58
In discussione nuovi requisiti per accedere ad Opzione Donna
Tra le misure di riforma pensioni da inserire in Legge di Bilancio 2024 – in vista della scadenza delle attuali formule di flessibilità in uscita – ci sarebbe anche l’Opzione Donna a 58 anni. Questa l’ultima ipotesi allo studio del Governo in base alle anticipazioni del Sole 24 Ore, dopo il tavolo di confronto tra governo e sindacati svoltosi la scorsa settimana.
Nella prossima Legge di Bilancio, il Governo dovrà inserire una serie di proroghe alle forme di flessibilità uscita attualmente in vigore, in attesa che venga varata la Riforma Pensioni vera e propria. Ciò al fine di evitare che vengano meno le ipotesi che consentono di uscire dal lavoro prima dei 67 anni richiesti dalla Legge Fornero per la pensione di vecchiaia o dei 42 anni e dieci mesi di contributi (uno in meno per le donne) richiesti per la pensione anticipata.
Certezze si avranno solo nelle prossime settimane, con la presentazione della Legge di Bilancio 2024. Il calendario prevede che il Governo la approvi entro metà ottobre, dopo l’appuntamento di fine settembre con la NaDEF (nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza).
Sembrano probabili le proroghe sia della Quota 103 (41 anni di contributi e 62 anni di età) sia dell’APE Sociale, la novità è che anche Opzione Donna potrebbe essere riproposta se non, addirittura, resa più appetibile: ai requisiti di età e contribuzione, nel 2023 si sono infatti aggiunti i paletti relativi alle tre categorie di appartenenza (caregiver, invalide dal 74%, lavoratrici licenziate/dipendenti di aziende con tavoli di crisi aperti). Oltre a dover soddisfare requisiti anagrafici e contributivi (35 anni di contributi maturati al 31 dicembre 2023), la versione 2023 prevede quindi che sia riscontrabile una “condizione soggettiva” che la lavoratrice deve possedere al momento della domanda: svolgere assistenza da almeno sei mesi al coniuge o a un parente di primo grado o affine convivente con handicap in situazione di gravità; o avere un'invalidità civile di almeno il 74%; o risultare licenziata o dipendente da imprese in crisi.
Cgil, Cisl e Uil chiedono di abolirli, tornando alla “vecchia” Opzione Donna. In questo caso, le lavoratrici potrebbero ritirarsi avendo maturato 35 anni di contributi e 58 o 59 anni di età (rispettivamente per dipendenti e autonome) entro il 31 dicembre 2023. Sempre con ricalcolo interamente contributivo. Ma le risorse per questa manovra economica sono limitate, e sembra difficile riuscire a raggiungere un accordo su questa proposta.
Secondo i dati Istat relativi ai primi sei mesi del 2023, a causa dell’inasprimento dei requisiti introdotto con la Legge di Bilancio 2023, Opzione donna è stata scelta solo da sono 7.536 lavoratrici, contro le 24.559 dell’intero 2022. Inoltre, la grande maggioranza (4.120) di coloro che hanno optato per questa misura prende meno di mille euro al mese.
L’esecutivo sembra studiare misure per allargare l’attuale platea. L’ultima ipotesi è quella di togliere il vantaggio anagrafico per le donne con figli. Attualmente l’Opzione Donna è prevista con 60 anni di età e 35 anni di contributi e l’appartenenza a una delle tre categorie sopra citate. Le lavoratrici madri hanno uno sconto di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Significa che in presenza di almeno due figli l’età anagrafica del pensionamento con l’Opzione Donna scende a 58 anni.
La modifica allo studio porterebbe il requisito anagrafico a 58 anni per tutte le lavoratrici, senza differenzazione tra lavoratrici dipendenti e autonome.
Va ricordato, infine, che il requisito per ritirarsi con l’Opzione Donna si cristallizza. Ciò significa che, una volta raggiunto, la lavoratrice può utilizzarlo per andare in pensione in qualsiasi momento.
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