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17 Ottobre 2025 - 17:00
È lui il vincitore, quest’anno, del premio alla carriera dedicato a Lucio Mastronardi nell’ambito della Rassegna Letteraria vigevanese. Racconta di sé, dei libri, con tono amichevole e disincantato. Chiede se farà freddo a Vigevano, lui con l’accento toscano che sta nel tepore di Roma. Riflette prima di rispondere, poi si apre. Sandro Veronesi è uno degli ospiti di punta alla Rassegna Letteraria: domenica 19 ottobre al teatro Cagnoni, alle 18, ritirerà l’onorificenza e parlerà della sua carriera già decorata da due premi Strega e da un Campiello. Un peso massimo, il cui confronto sarà con la giornalista radiofonica Alessandra Tedesco e col direttore artistico Ermanno Paccagnini. Come molti altri incontri, anche questo sarà tradotto nella lingua dei segni italiana.
Un appuntamento per ripercorrere la carriera dello scrittore toscano, dall’esordio del 1988 con “Per dove parte questo treno allegro” (Theoria), ai romanzi che si sono aggiudicati i premi Strega e Campiello, passando per “Brucia Troia” (Bompiani), “XY” (Fandango), “Settembre nero” (La nave di Teseo). «Per me – esordisce – è il primo premio alla carriera. Bene: dimostra che ho una certa età, spiega ormai da quale lato sto dell’esistenza. Fa piacere». «Credo – prosegue, a ritmo incalzante – di essere fortunato. Vede, tornando a Lucio Mastronardi: a 15 anni sognavo di fare lo scrittore, ma camparci non era nelle mie ambizioni. Pensavo quindi di dover fare anche altro, come lui. Invece non sono né povero né incompreso. Però forse sono vecchio (ne ha 66, ndr) ma siccome è così da poco, ancora devo imparare a interpretare ruolo. Sono un pivello».
La cosa bella è che a ogni domanda, lui dà la risposta che non ti aspetti. Come il libro preferito tra quelli suoi. Veronesi spiazza e dice “Venite venite B-52”. Uno dei primi, quello del 1995 edito da Feltrinelli. «Gli sono affezionato perché è il più sfortunato, come pubblicazione. Le altre ne hanno avuta fin troppa, esso nessuna». In quelle pagine si racconta la storia di Ennio e dei suoi fallimenti, con lo sfondo della grande storia del Novecento, dai Beatles al comunismo naufragato.
Oppure, l’ospite di domenica sorprende quando gli si chiede chi ama leggere. «Vincenzo Pardini. Persona di campagna, ha fatto la guardia giurata essendo fuori dal giro che conta. Leggetelo. Scoprirete “Il falco d’oro”, quelle opere dedicate alla natura selvaggia umana e animale, apprezzerete la sua toscanità e il pescare dalla tradizione. Se tra mezzo secolo esisterà ancora la critica letteraria, verrà rivalutato di sicuro».
Come spesso accade e forse accadrà, i giovani che vanno a sentire gli scrittori parlare sono sempre pochissimi. «Ci sono abituato. Quando li vedo – conclude Veronesi – sono lì per farsi firmare il libro da regalare alla mamma o alla nonna. Gli uomini in generale sono minoranza. E comunque i libri costano e i ragazzi hanno poco denaro. Io li prendevo in prestito in biblioteca. Prima i classici e poi i contemporanei, quando mi sono accorto che parlano del presente, quello che vivi tu e che vivo io». Qui il tono si fa incalzante, quasi minaccioso. «I miei lettori sono invecchiati con me. Quando ero giovane lo erano loro. Ora non è così: non ho la pretesa che i ragazzi attuali mi leggano. Veniamo da un altro secolo. Detto questo, sono i benvenuti». Scoprirebbero un forziere pieno d’oro.
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