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stranezze alimentari
02 Marzo 2023 - 13:29
L'uovo centenario
Questa volta andiamo alla scoperta delle uova, ma come le cucinano in Asia: da quello sodo col pulcino dentro delle Filippine fino alla tradizione cinese di tenerlo sotto la cenere per tre mesi, così da diventare nero e traslucido
No, bello non lo è affatto. Anzi, senza girarci troppo intorno: fa impressione. Chi mangerebbe mai il balut, in Italia? Si tratta – meglio specificarlo subito, così i più schizzinosi non devono neanche più andare avanti a leggere – di un uovo di anatra o di gallina fecondato e bollito nel suo guscio poco prima della schiusa, quando l'embrione al suo interno è quasi completamente formato. Un uovo sodo con l’embrione di un pulcino dentro, da mangiare a morsi. Viene considerato una prelibatezza in tutta l'Asia sud-orientale e in particolare nelle Filippine, in Cambogia, in Vietnam, nel Laos e in alcune aree della Cina.
Il balut è una specialità culinaria estrema tipica del Sud-Est asiatico
Per il suo (presunto) potere afrodisiaco non è raro trovarlo di notte nei quartieri a luci rosse delle capitali asiatiche: gli ambulanti garantiscono che faccia veri e propri miracoli. Probabilmente per un occidentale si tratta di uno dei cibi più assurdi di tutti. Nelle Filippine invece è uno dei più comuni.
L’enciclopedia online Wikipedia ne spiega i segreti: «La preparazione del balut inizia con la raccolta delle uova inseminate, che vengono sistemate in canestri esposti al sole e tenuti al caldo, per favorire lo sviluppo dell'embrione. Dopo sette giorni, le uova vengono esaminate in controluce per verificare all'interno la presenza dell'embrione. Quelle che lo contengono continuano ad essere incubate per altri otto giorni circa, dopodiché sono pronte per essere lessate. Il tempo totale di incubazione può però variare a seconda degli stili culinari: nelle Filippine ad esempio, l'uovo viene bollito prima che abbia raggiunto i 17 giorni. In questo modo l'embrione si mantiene tenero ed interamente edibile, avendo ancora il becco molle e le zampe, gli artigli ed in generale le ossa ancora non sviluppate. Vietnamiti e Cambogiani sono invece soliti cuocere le uova dopo che queste hanno passato i 20 o più giorni di sviluppo, quando cioè lo scheletro è già presente, sebbene non sia ancora calcificato e si presenti per questo morbido. Il balut (parola che, in lingua filippina, significa letteralmente "incartato") può essere consumato direttamente dal guscio, eventualmente condito con sale o con aceto. In alternativa, può venire servito "al piatto" accompagnato da varie salse”.
Un uovo sodo col feto all’interno. Com’è il balut? Come al solito ciò che sembra una prelibatezza esotica e lontanissima, poi si rivela piuttosto convenzionale. Facendo finta di non sapere cosa si sta mangiando, infatti, il sapore è a metà strada tra quello dell’uovo sodo e quello del pollo. Se ci si pensa, è perfettamente logico: il pulcino in via di sviluppo è un pollo molto piccolo, l’uovo è un uovo. Forse il fastidio vero è quello di masticare le ossicine.
A Milano il balut è qualcosa di mitologico. Si trova, ma non sempre e non in tutti i posti. La comunità filippina è numerosissima e radicata, tanto che esistono anche alcuni food truck, camioncini ambulanti che servono la colazione apposta per loro con piatti come pesce fritto, spaghettini con una salsa simile al ketchup e zuppe a base di cuore e sangue di maiale. Uno di questi baracchini è perfino vicino al consolato filippino, in piazza Vesuvio. Forse la ricerca del balut ha il suo capolinea nel dedalo intorno a via Paolo Sarpi, cuore gastronomico d’Asia in Italia. Ma non darò l’indirizzo preciso. È recente la notizia dell’uomo, a Milano, che ne ha ingollato uno intero rischiando di morire soffocato, salvato in extremis all’ospedale San Paolo. Il consiglio è di masticarlo bene.
Sempre in via Paolo Sarpi, non nei chioschi cinesi ormai pettinatissimi ma nei ristoranti ancora col menù soltanto scritto in ideogrammi, si trova un altro tipo di uovo. È nero, puzza di zolfo e ha la consistenza gelatinosa e traslucida. Una delizia, pertanto. Signori, ecco “l’uovo centenario”, piatto leggendario della tradizione cinese.
Le uova centenarie sono uno degli snack più singolari della cultura gastronomica cinese
Come al solito (leggenda vuole) tutto è nato per sbaglio: un contadino della regione di Hunan scoprì un uovo di anatra che si trovava in una piccola pozza piena di calce spenta che era rimasta nel suo terreno dopo la costruzione della propria casa, completata un paio di mesi prima. Avendo assaggiato e apprezzato il sapore dell'uovo così conservato iniziò a produrne altri, aggiungendo però del sale alla calce spenta in modo da migliorare il sapore del prodotto finito. Sempre Wikipedia: «Le uova dei cent'anni devono il loro sapore a un particolare processo di fermentazione. La tradizione prevede che uova di anatra (raramente uova di gallina o di quaglia) siano lasciate per un lasso di tempo di circa cento giorni in un composto di acqua, sale, carbone e ossido di calcio. Durante questo periodo l'albume si trasforma in una massa gelatinosa color ambra, semitrasparente, mentre il tuorlo assume una colorazione verde scuro». Si mangiano o così, sbucciati, nudi e crudi, o insieme a tofu e salsa di soia, o ancora – e questa cosa è perversa – a pezzi dentro una frittata di uova fresche. L’uovo centenario è meno estremo del balut. Se si riesce a vincere la paura della consistenza, sa… di uovo sodo salato. Niente di più. Molta forma, sostanza pochina. Un cibo che potrebbe anche diventare “per tutti”.
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