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Architettura
18 Aprile 2023 - 23:00
Architetture impossibili e inquietanti, bizzarrie del tardo Rinascimento con poco o pochissimo contatto con la realtà e, forse, contenenti messaggi esoterici. Il Parco dei Mostri di Bomarzo, borgo silenzioso che solo il centro Italia rurale può regalare a un’ora e mezza di auto da Roma, è anche detto “Sacro Bosco”. Si tratta di una delle poche visite ancora “alternative” di quelle zone. Pochi sanno che esiste, soprattutto nei tour organizzati.
Aprire il sito web (che poi sono due: www.bomarzo.net, non ufficiale, e www.sacrobosco.eu) è rivelatore. Immagini stranianti di statue enormi che sbucano da dietro l’angolo, inattese. E negli scatti d’epoca, in bianco e nero, si vedono i pastori che portano gli animali al pascolo tra l’erba spontanea “vegliati” da enormi elefanti e leoni di pietra. Un giro contemplativo e culturale, un relax realmente diverso.
Pastori che portano animali al pascolo nel Parco dei Mostri, scatto d'epoca
Un po’ di storia: Pier Francesco Orsini, detto Vicino, realizzò il parco a partire dalla metà del XVI secolo e concluse la prima parte dei lavori già nel 1552. Vicino, signore di Bomarzo sino al 1581, fece scolpire le rocce sul posto, animandole e dandogli forme, a volte minacciose e a volte suadenti, di oniriche creature. Il bosco si differenzia dai giardini all’italiana e, pur inserendosi nella cultura architettonica-naturalistica del secondo Cinquecento, costituisce un unicum, dando vita a un labirinto ermeneutico di silenzi, allusioni e illusioni. Le sculture sono svincolate da vicendevoli rapporti prospettici o proporzionali. La compostezza classica lascia il passo al gusto manierista per il bizzarro e, con i suoi elementi giganteschi, determina un rapporto sconcertante con la natura.
L'Elefante fortificato
Numerosi gli studi che hanno tentato di sciogliere l’enigma di questo boschetto, collocato in un’area intermedia tra arte, magia e letteratura, ma il giardino di Bomarzo è destinato a rimanere un luogo intriso di fascino e mistero che genera racconti e che sollecita l’immaginario di ciascun visitatore.
Il Drago alato
Il Parco si estende su una superficie di circa 3 ettari, in una foresta di conifere e latifoglie. Al suo interno trovano posto un gran numero di sculture di varia grandezza ritraenti personaggi e animali mitologici, edifici che riprendono il mondo classico ignorando volutamente le regole prospettiche o estetiche, allo scopo di confondere il visitatore.
Le sculture furono realizzate in basalto, materiale disponibile in quantità massicce in zona. Molte di esse sono contrassegnate da iscrizioni enigmatiche e misteriose, sopravvissute solo in piccola parte. È bene notare che l'attuale disposizione delle attrazioni nel Parco, salvo alcuni casi documentati, non è quello originario ma risale alla seconda metà del XX secolo quando la famiglia Bettini lo rilevò e lo rimise in uso.
Il Pegaso
Oltre ai Mostri e agli elementi architettonici principali, ve ne sono molti altri più piccoli, spesso maggiormente degradati dal tempo e perciò anche meno identificabili. Appena varcata la monumentale soglia del Bosco, il visitatore si ritrova di fronte a due Sfingi, il cui aspetto ricalca tanto il modello classico di donna col corpo di leone quanto quello egizio poiché sono entrambe prive di ali. Le due creature sono simbolicamente a guardia del parco, e accolgono il visitatore con iscrizioni di benvenuto in endecasillabi, leggibili su ciascun basamento. «Chi non attraversa assorto e in silenzio questo luogo, non apprezza neanche le famose sette meraviglie del mondo». E poi «tu che entri qui rifletti attentamente e poi dimmi se tutte queste meraviglie siano fatte per sbalordire oppure per arte». Il giro prosegue tra finte tombe etrusche, piccoli “teatri” all’aperto, statue enormi di animali, di dei, di orchi e una casa pendente. Infine il tempio, isolato. Non c’è niente di simile al Mondo.
Il Nettuno
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