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informatore viaggi
27 Maggio 2023 - 23:00
Si chiamano “tapas” perché, dicono, mentre re Alfonso XIII di Spagna stava bevendo un bicchiere di vino è entrato uno spiffero d’aria. Per evitare che la sabbia contaminasse il regal calice, qualcuno lo “tappò” con una fetta di prosciutto. Il sovrano gradì e chiese il bis. Accadde da qualche parte in Andalusia un centinaio di anni fa. Non può che partire da Siviglia il “tapa tour”, tappa immancabile di molte serate spagnole a tirar tardi, a mangiare un antipasto qui, un altro lì, accompagnarlo con un rosso (da queste parti arrivano anche a 21 gradi…) e a fare amicizia. Tre indirizzi, mentre si gira per una città che è la quarta del Paese per abitanti e forse ancora più in alto come ricchezza culturale. Qui si trova l’Archivio generale delle Indie, raccolta sconfinata dei documenti relativi all’impero spagnolo nel Nuovo Mondo. Sempre a Siviglia si trova plaza de España, grandioso anfiteatro in stile moresco costruito per l’Expo del ’29. Canali navigabili, opulenza, dettagli.
Ma girando si pensa a mangiare. Si trova tra le vie del centro, anche se un po’ defilato, l’Espacio Eslava. Uno dei pochissimi tapa-bar al mondo in odore di stella Michelin, vincitore di numerosi premi, con porzioni che saziano e prezzi assolutamente incredibili. Certo, uno può andare sul classico e ordinare il salmorejo – zuppa fredda non lontana dal gazpacho a base di pomodoro, pane frullato e aceto – oppure le classiche crocchette a base di prosciutto, ma qui è meglio osare. Il “Cigarro para Bécquer”, sigaro fritto a base di porri e nero di seppia, è arrivato secondo nel concorso “Sevilla en boca de todos”, mentre l’uovo su bizcocho (tipo ciambella), porcini e tartufo ha ottenuto il primo premio. Sono anche queste le tapas, non la solita tartina con maionese e olive.
Intanto per smaltire si gira. Temperatura che sfiora o supera i 30 gradi otto mesi l’anno, case bianche e vie tortuose soprattutto nella Juderia, ora barrio Santa Cruz, il vecchio quartiere ebraico tra piazzette nascoste, piccoli cortili e un’atmosfera ferma nel tempo. Contrasta con l’Alcazar, il palazzo reale arabo, e la Giralda, torre che coi suoi 96 metri di altezza è il simbolo della città visibile da quasi ovunque.
Ma qui si cercano le tapas. Non lontano dalla cattedrale, grande esempio di gotico, Ovejas Negras (le “Pecore nere”) propone la cucina che va per la maggiore adesso, ingredienti tradizionalissimi mixati in modo insolito. E così le classiche “patatas bravas” sono arricchite da una salsa sfiziosa mentre il pesce ha suggestioni orientali. Arredamento “di recupero”, atmosfera giovane, bella scelta di vermouth. Già, il vermouth. Questo vino aromatizzato e dolce, nato in Italia a fine ‘700, da noi è assolutamente fuori moda, in Spagna va per la maggiore. A Saragozza, addirittura, c’è una “vermoutheria”. Qui lo pronunciano “vermùt”, con l’accento sull’ultima sillaba. Un ottimo fine pasto.
Come locale classicissimo, infine, c’è Alfalfa. Nel centro della movida, a pochi minuti dal “Parasol”, è uno spazio minuscolo. Arrivare mezz’ora prima dell’apertura aiuta a sedersi. Qui si va di cotenna di maiale fritta, prosciutto crudo serrano di qualità assoluta, capperi fritti. Anche l’insegna e l’arredamento indica i “bei tempi andati”. Ma va bene, sia perché è tutto eccellente, sia per la cordialità rustica dei gestori, sia perché è il colpo di grazia per immergersi in una movida dove il sole, vista la longitudine, in estate tramonta quasi a mezzanotte.
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