Resta aggiornato
Cerca
informatore viaggi
08 Luglio 2023 - 22:30
La solita gioventù disordinata dei ricchi del Medioevo: lussuria, osterie, vizi. Poi la conversione e il segno tangibile della rinuncia alla vita terrena. Così Galgano Guidotti, diventato santo nel 1185 per volere di papa Giulio III quattro anni dopo la morte, entrava nella leggenda: infilzando la sua spada nel granito. Si trova ancora lì, dopo quasi un millennio, e poco importa se gli scettici invidiosi assicurino che sia stata messa dopo.
Lo scenario è assoluto. Quando la zona nelle campagne di Chiusdino, in provincia di Siena ma già verso la Maremma, non è affollata di turisti (può capitare nei mesi freddi) lo scenario di pace tipico della campagna toscana è al suo apice tra cipressi, colline regolari, curve, prati, ori, quel giallo intensissimo del grano d’estate, verde d’inverno. Le cartoline viste tante volte.
La strada da Siena non è particolarmente agevole. Il pellegrinaggio vale comunque la pena, anche perché i siti a pochissimi passi di distanza sono due. Si inizia di solito nella visita dall’altro, quello più famoso. L’abbazia di San Galgano non ha il tetto, ci sono soltanto i muri. L’avevano fondata i cistercensi. Galgano era proprio lui, il Guidotti. Morì lì, nel 1181. Il tetto è poi crollato a metà del Settecento, sei secoli dopo il suo passaggio ad altra dimensione, per via dell’abbandono. Non si poteva sapere ai tempi, ma forse è diventata ancora più bella. Se si va quando fa buio presto già alle 18 si può vedere il nero della notte soltanto alzando gli occhi, circondati dalle luci che illuminano le pareti. Ci si sente davvero padroni del tempo, come se qualche divinità innamorata del bello avesse prescelto proprio noi come turisti del posto più nostalgico del mondo.
Non è la sola chiesa senza tetto: c’è lo Spasimo a Palermo, il convento do Carmo a Lisbona, tante sulle isole Britanniche. Ma qui siamo nel Senese rurale: è tutto più bello di default. Un sentiero scosceso, o una strada asfaltata poco lontano, portano all’eremo di Montesiepi. Lì Galgano, sempre lui, infilzò la spada nella roccia per dire “addio” al peccato. Un gesto che ha ispirato dischi, libri e film, anche se forse non è mai successo. Il santuario è piccolissimo, circolare, tutto in pietra. Minimale per non rubare spazio alla protagonista, la spada, che osserva imperturbabile i turisti col borsello a tracolla. Quando non ci sono, quando la chiesetta è vuota, si capisce perché l’atmosfera continui a far sognare.
Nella stanzetta sul retro un sacerdote, don Vito, vende souvenir e vin santo e vi spiega che è lui, lui solo, a garantire l’apertura, a pulire e a fare tutte le altre cose. È la conferma, semmai fosse servita, di come questo sia ancora l’ultimo angolo dell’epoca “delle donne, i cavalier, l’armi, l’amore” e i monaci, e i santi in grado di creare il mito.
L’Informatore Vigevanese - via Trento 42/b 27029 - Vigevano (PV)
Tel. 0381.69711 - informatore@ievve.com
Copyright(©) 2012-2024 Ievve S.r.l.
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. NESSUNA RIPRODUZIONE PERMESSA SENZA AUTORIZZAZIONE
Powered by Miles 33