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Andare per "piòle" a Torino: come e dove trovare le migliori

Come tante delle tradizioni di una volta, messe da parte per qualche decennio, anche quella delle trattorie tipiche del centro di Torino dove mangiare a tutte le ore viene riscoperta

Davide Maniaci

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dade.x@hotmail.it

02 Settembre 2023 - 12:33

Andare per "piòle" a Torino: come e dove trovare le migliori

È una parabola comune ad altre istituzioni, soprattutto a tema “cibo e dintorni”, del passato: frequentatissime nei bei tempi andati, fino circa alla fine degli anni Settanta. Poi snobbate soprattutto dai giovani, che le consideravano “roba per Matusalemme” e destinate a una decadenza inesorabile con servizi via via sempre più scadenti. Ora, invece, riscoperte e quasi “fighette”. Sono le piòle, le trattorie tipiche del centro di Torino dove mangiare a tutte le ore. Uova sode, piatti tipicissimi come le acciughe al verde, la tartare, i salumi, anche prima della cena vera e propria. Angoli rimasti bloccati nel tempo che spesso i turisti non notano.

Credits: pagina "Le vecchie piole"

“Andar per piòle” era infatti una pratica molto comune decenni fa, che andava scomparendo e che forse, adesso, grazie a internet può venire riscoperta e riapprezzata ripercorrendo le orme dei vecchi “piemontesi doc” che si trovavano per bere il vino della casa, giocare a carte e mangiare piatti ben conosciuti spendendo poco. L’equivalente dei “bacari” veneziani o dei “buffet” triestini. Con la differenza che qui, spesso al bancone, si mangiano anche gli agnolotti, i tomini al verde, la pasta e fagioli, la bagna cauda, il vitello tonnato. Alcune “piòle” resistono ancora, locali piccoli, caratteristici, in pieno centro ma quasi invisibili. Per chi non li conosce bene. Non è raro trovare anche qualche strimpellatore, che allieterà il pasto con le sue canzoni popolane. Alcune di esse sono raccolte in “Canson dla piòla”, un’antologia messa insieme da Pietro Novelli e Roberto Balocco.

Come tante delle tradizioni di una volta, messe da parte per qualche decennio, anche le “piòle” stanno venendo riscoperte. I consigli sono due: farsi guidare dalla gente del posto o, tramite internet, farsi ispirare. Per creare il proprio “tour” personale. Come, ad esempio, quello proposto qui in basso basato sull’esperienza personale dell’autore maturata, a sua volta, sui consigli mirati dei siti web di settore. Come il blogger Luciano Pignataro, o il portale agrodolce.it. “Erano luoghi – così scrive Pignataro – molto semplici, quelle di periferia e quelle sul Po avevano quasi tutte il campo da bocce, il pergolato (tòpia) ed alcune l’uva americana (uva fròla), le “piòle” del centro erano più piccole e raccolte. Si beveva prevalentemente vino rosso, al bancone al bicchiere il “vin ‘d botal”(botte), per la bottiglia (stupa), anzi il bottiglione al tavolo. Non erano invero grandi vini, Barbera semplice, Barbera d’Asti, Dolcetto, Freisa delle colline torinesi, ma andavano giù alla grande e per questa ragione molto spesso, giovani studenti poco allenati si stordivano di brutto. Oltre al vino c’era poca scelta; il caffè detto “moro” corretto alla grappa o anice, d’inverno il “brulé” (vino caldo con aromi), il “canarin” (acqua bollente zuccherata con dentro la scorzetta di limone) utile per il dopo sbornia. D’estate la spuma, birra e gazzosa, la menta, l’orzata, il tamarindo. L’acqua era esclusivamente quella del rubinetto. Per quel che riguarda il cibo, la scelta era uguale praticamente per tutte le “piòle”… Di quel tempo ricordo i suoni, gli odori, le parole dette nei vari dialetti, perché quei luoghi erano frequentati da tutti e non solo i torinesi. Si fumava e molto, toscani, le nazionali, la pipa. D’inverno il camino era sempre acceso, così come il “putagé” (la stufa economica con i cerchi concentrici in ghisa), e sì, si risparmiava sulla corrente elettrica perché “ventava risparmié”. La “piòla” era al pari della piazza: il luogo d’incontro, dove incontravi la gente, i compagni, gli amici, dove a volte guardavi la partita in bianco e nero e dopo a colori insieme, giocavi a biliardino, alle bocce, a carte. Era il luogo dove non ti sentivi solo”.

Anno 1954, foto di Alan Lomax

Girando per piòle si scopre così che il cortile senza dubbio più bello dove mangiare a Torino è quello di “Caffè e vini Emilio Ranzini, un nome una garanzia in via Porta Palatina. Significa porta Palazzo, dove c’è il mercato, quartiere multietnico, popolare. Ne parla la blogger Miriam Barone su Dissapore: “Tra Quadrilatero e Porta Palazzo c'è un angolo di storia romana che si staglia su Torino: noi siamo gente del Risorgimento e non siamo abituati a identificarci con niente che non sia sabaudo, ma la Porta Palatina l'abbiamo nel cuore. Proprio lì, piccolo piccolo, c'è l'ingresso di Caffè Vini Emilio Ranzini. Tanto piccolo che quando lo vedi ti senti come Alice nel Paese delle Meraviglie quando mangia troppo biscotto che la fa crescere. Ranzini è una piola nata a Torino più o meno insieme alla Porta Palatina, diventata simbolo del buon cibo a poco prezzo, e grazie alla fama acquisita i clienti non sono più i torinesi doc di generazioni, ma anche turisti e ragazzi. I piatti sono quelli che un piemontese vero sogna a ogni ora: formaggi e salumi, lingua, vitello tonnato, tomini, frittate e biove, in un tripudio di portate per cui l'ideale è montare le tende e decidersi a fare un unico pasto come fosse brunch-merenda-aperitivo tutto insieme”.

Sempre Barone specifica di quanto sia difficile trovare posto da Cianci, presso palazzo Madama. “Cianci è La Piola. Un posto minuscolo, con non più di una quindicina di coperti all'interno - che sono sfruttati in ogni millimetro. Molti i coperti nel dehors, che fanno la fortuna del locale e dei clienti estate e inverno. In estate l’atmosfera da vacanza è alimentata dal comfort di Cianci, dai suonatori in piazza, dai localini che servono l’aperitivo intorno. D’inverno non si patisce il freddo grazie alle stufette seminate ovunque. Tutto da Cianci parla di piola: i vini sfusi nelle caraffe, rigorosamente del Piemonte, i piatti a prezzi di altri tempi in porzioni abbondanti. Insalata russa, vitello tonnato, agnolotti: non sbaglierete qualsiasi sia la vostra scelta. Da Cianci non si prenota e c'è una lunga fila ogni sera: prendetevela comoda, godetevi l’atmosfera di largo IV Marzo e ne varrà la pena”.

E poi c’è la trattoria Valenza via Borgo Dora. Ancora Pignataro: “Luogo imperdibile per chi viene a Torino è il mercato di Porta Palazzo, e proprio lì a due passi, al Balon troviamo un’altra istituzione, trattasi della trattoria Valenza. Se venite in città fateci un giro di sabato, durante il mercato dell’usato, fatevi ammaliare dal clima, dalle persone che lo popolano. Da Valter, il proprietario andateci di sera, non proprio simpaticissimo, ma se è in vena vi racconterà aneddoti sul tempo che fu davvero sfiziosi. Non perdete la sua pasta e fagioli con le cotiche, la trippa, la milanese in carpione e i classici agnolotti. Ed anche se non bevete caffè il suo prendetelo, caffè della casa con ricetta segreta”.

Bisogna fermarsi, è finito lo spazio. Ma è imperdonabile non citare un nome come “Trattoria Decoratori e Imbianchini”, a Borgo Po. Oppure Cantine Vittoria, o Da Celso. Sono loro i custodi orgogliosi della tradizione, quella autentica dei nonni che non ci sono più.

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