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11 settembre
11 Settembre 2023 - 22:51
Il generale Augusto Pinochet
L’11 settembre 2023 si compiono 22 anni dall’attentato alle Torri Gemelle in cui persero la vita 2.977 persone. Il dirottamento dei 4 aerei di linea attuato da un gruppo di terroristi di Al Quaeda per colpire le Twin Towers ed il Pentagono rimarrà per sempre nella memoria. Eppure quella dell’11 settembre è una data significativa già prima di quell’attacco.
Correva infatti l’anno 1973 e proprio in quel giorno —l’11 settembre— in Cile il governo socialista di Salvador Allende democraticamente eletto venne rovesciato dall'esercito e della polizia nazionale. Il colpo di stato del generale Augusto Pinochet, con tutta la brutalità dei militari e la violazione dei diritti umani, sociali ed economici, divenne il simbolo della Guerra Fredda e dell'ingerenza degli Usa nelle questioni interne dei paesi dell'America Latina.
Prima del 2001, l’11 settembre era comunemente riferito al colpo di Stato in Cile. La data ripercorreva nell’ordine: l’assalto al Palazzo della Moneta, l’omicidio di Salvador Allende (fondatore del Partito Socialista Cileno) e la presa del potere della giunta militare. Quella di Pinochet era una dittatura, un regime profondamente autoritario che durò oltre tre lustri, con il placet degli americani: è oramai acclarato che la CIA - quindi l’amministrazione di Richard Nixon all’epoca - sostenne il generale nel suo colpo di Stato.
Il Maccartismo degli anni Cinquanta – cioè l’ossessiva caccia ai comunisti che ebbe sfumature sotto altri nomi e dottrine fino agli anni Settanta – nell’ottica statunitense andava esportato anche in Sud America, regione particolarmente strategica per gli Stati Uniti. Il sostegno più o meno visibile ai governi filoamericani rientrava nella cosiddetta Operation Condor, per cui in diversi stati dell’America Latina si diede il via ad una serie di politiche repressive e torture degli oppositori politici sgraditi al regime di turno. Dal Paraguay al Brasile, dall’Uruguay all’Argentina. A Santiago, la Gestapo cilena si chiamava DINA: migliaia di arrestati, migliaia di emigrati. Esecuzioni, rapimenti, torture, carovane della morte. Il regime cileno fu spietato nei confronti dei dissidenti, molti dei quali lasciarono il paese.
Sembra un paradosso, ma fu Pinochet stesso che stabilì i limiti della sua permanenza a dittatore del paese, grazie ad un cambio di Costituzione (approvato dal referendum popolare, guarda a caso, dell’11 settembre 1980 ed entrato in vigore l’anno successivo) che gli consentì di restare al potere fino al 1988, quando si sarebbe tenuto un altro referendum per confermarlo o meno per altri otto anni. Pinochet mantenne la promessa, ma non voleva sotto sotto accettare la volontà popolare di chi – nonostante la floridità dell’economia cilena e, d’altra parte, la truce violenza del regime – decise di porre fine democraticamente alla tirannia del generale. Scaricato anche dagli americani (l’amministrazione di Ronald Reagan cominciò a prendere le distanze dal dittatore), Pinochet fu messo con le spalle al muro: riconobbe ed accettò l’esito del referendum in cui solo il quarantacinque per cento dei votanti si espressero a suo favore.
Esattamente mezzo secolo dopo un convegno promosso dal Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre, in collaborazione con l’Associazione Italiana di Sociologia, ricorda questo accadimento che diede vita alla diffusione nel mondo del modello neoliberista.
«Il Cile nel 1973 e poi l’Argentina nel 1976, sono stati veri e propri laboratori per collaudare il nuovo assetto economico. Seguiranno Margaret Thatcher nel 1979 e poi ancora Ronald Reagan nel 1980, fino ad imporsi come modello globale», spiegano gli organizzatori dell’evento tenutosi oggi presso l'Aula Volpi del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre, nella Capitale. «Pochi sapevano allora che con il colpo di stato sarebbe anche arrivato Milton Friedman che si sarebbe imposto un altro modello economico che sarebbe diventato globale: il neoliberismo».
Controverse le parole di Milton Friedman, ispiratore delle politiche neoliberiste, nel 1980 affermò: «Il Cile non è un sistema politicamente libero, e io non posso perdonare questo. Ma il popolo è più libero che nelle società comuniste perché il governo ha un ruolo più piccolo. Le condizioni delle persone in questi ultimi anni sono andate sempre meglio e non peggio. Sarebbero ancora meglio se riuscissero a sbarazzarsi della giunta ed essere in grado di avere un sistema democratico libero». Secondo Friedman "l'economia cilena ha fatto molto, ma è ancora più importante che alla fine il governo centrale, la giunta militare, sia stata sostituita da una società democratica. Quindi la cosa veramente importante nell'economia Cilena è che il libero mercato ha svolto il suo compito nel portare ad una società libera". Altri economisti (per esempio Amartya Sen) hanno invece affermato che l'esperienza del Cile in tale periodo abbia piuttosto dimostrato il fallimento del liberismo friedmaniano, sostenendo che fu scarsa la crescita economica tra il 1975 e il 1983 (durante l'esperimento monetarista), che una certa crescita ci fu solo in seguito a riforme successive, e che gli indicatori sociali mostravano risultati deludenti. E soprattutto, la dittatura militare attuò la riconversione del sistema economico tramite l'oppressione dei diritti civili.
Il Convegno è stato un momento di riflessione su quanto accaduto e su quanto e come la storia di quegli anni abbia influito sulle scelte economiche e sociali di oggi a livello globale. «L’anniversario vuole essere l’occasione per riflettere su passato e futuro. L’Indice di Gini ci dice che il mondo è diventato più disuguale, la distanza tra ricchi e poveri è arretrata di un secolo, siamo come nel 1923».
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