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10 Febbraio 2024 - 20:02
I minatori nel corso dei secoli, a metri e metri sottoterra e circondati di sale, hanno scolpito statue e candelieri. C’è perfino una riproduzione de “L’ultima cena” di Leonardo, e all’interno c’è anche la chiesa. Sale, sale e ancora sale, in una miniera dismessa neanche 30 anni fa e ora diventata uno dei luoghi più incredibili da visitare in Europa, una vera e propria città sotterranea.
Il sito di Wieliczka si trova a una decina di chilometri da Cracovia, ex capitale e tuttora polo culturale della Polonia. Un luogo straordinario, nascosto dal Mondo. La parte visitabile corrisponde a 3 chilometri e mezzo, circa l’1 per cento della lunghezza totale delle gallerie, 287 chilometri, che raggiungono anche i 327 metri di profondità. Sotto terra si trovano chiese e cappelle, delle quali la più spettacolare è sicuramente quella dedicata a Santa Kinga (Cunegonda) di Polonia. La cappella può ospitare funo a 500 persone e tutti gli elementi dell'arredo interno sono realizzati in sale. Di inestimabile valore è anche la collezione di strumenti minerari, carrelli, macchinari, utensili e meccanismi di trasmissione a trazione animale, raccolti nel museo delle Saline Cracoviane. Ad una profondità di 135 metri, nella grotta del lago Wessel, si trova anche un centro di cura e riabilitazione, destinato a persone con problemi di allergia e di malattie delle vie respiratorie.
Sfruttato per circa 750 anni, nel Medioevo questo luogo veniva chiamato Magnum Sal (“Il Grande Sale”). Un tempo questo minerale nascosto nel sottosuolo aveva un valore inestimabile, ed era grazie al commercio del sale che numerose famiglie di commercianti e nobili polacchi avevano acquisito la loro ricchezza. A partire dal XIII secolo la miniera venne sistematicamente ingrandita: nuove grotte, sculture, laghetti, cappelle. Fino alla prima spartizione della Polonia (1772), la miniera di Wieliczka insieme alla vicina miniera di Bochnia, costituiva la più grande impresa industriale della Polonia: le “Saline di Cracovia”. Adesso è un luogo turistico, nel quale si può anche dormire grazie a un hotel a quattro stelle con prezzi maggiori rispetto allo standard, bassissimo, delle tariffe del luogo.
Quando si visita la miniera si ha l’impressione che ovunque, in lungo e in largo, i cunicoli non finiscano mai. Un vero e proprio labirinto che si può visitare soltanto accompagnati da una guida esperta, e non da soli. Ci si imbatte in camere, in vere e proprie cappelle plasmate da generazioni e generazioni di minatori per riuscire a dare sfogo a una religiosità profondissima, o in luoghi dove gli stessi lavoratori vivevano. O ancora, ci sono camere diventate leggenda per i visitatori stessi. Alcuni hanno chiesto la mano della propria amata in piazza San Marco a Venezia, altri a Parigi a Montmartre, altri ancora (forse un po’ meno) presso la Sirenetta a Copenaghen. C’è chi lo fa e lo farà nella “camera di Weimar”, alla vista di un suggestivo e austero lago salato sotterraneo.
Poi ecco la cappella di Santa Kinga, un'impressionante sala di 54 metri di lunghezza, con una straordinaria decorazione a base di sale. Questo “tempio del sale” è certamente la visita più peculiare, insolita e per questo imprescindibile da fare a Cracovia.
La città d’inverno, col buio della notte che cala già alle 4 del pomeriggio e il gelo, è rischiarata dalla piazza più grande d’Europa, piazza del Mercato (Rynek Główny), illuminata a giorno e dalle bancarelle. Si tratta del centro della vita cittadina, tra chioschi che propongono cibo di strada che va dal tipicissimo (come i würstel, che qui si chiamano «kielbasa») al nuovo come l’ormai celeberrima zapiekanka, metà baguette lunga mezzo metro condita con la qualunque, di solito formaggio, funghi e ketchup. Gusti molto lontani da quelli a cui siamo abituati. Inoltre i bagel, i classici anelli di pasta intrecciati e infornati e i bomboloni ripieni non solo di crema ma di marmellate, che qui si chiamano «paczki». Infine gli immancabili pierogi, ravioli ripieni di carne serviti bolliti o grigliati. Il giro a Cracovia non può prescindere dal castello di Wawel, che domina la città e che (includendo il palazzo reale) richiede mezza giornata di visita.
LA ZAPIEKANKA, IL PANINO FAST FOOD DI MEZZO METRO
Le nonne italiane la definirebbero “una porcheria”, e forse non avrebbero tutti i torti. Costa un euro o poco più, sazia per tutto il giorno. In Polonia si trova ovunque, nei chioschetti in piazza. La Zapiekanka è il vero fast food dell’est. Il nome significa, circa, “rosolato al forno”. Si tratta di una baguette lunga mezzo metro tagliata longitudinalmente: ne viene servita una sola delle due metà, e condita con funghi bianchi trifolati e formaggio fuso, di solito cheddar, emmenthal o oscypek, formaggio polacco di pecora affumicato. Non contenti, i venditori aggiungono ketchup. E poi via, a morsi, tra ovvi sbrodolamenti sulla maglietta.
Come un virus piuttosto grassottello, la Zapiekanka è comparsa dal niente in Polonia negli anni Settanta quando il primo segretario del Partito dei lavoratori uniti polacchi, Edward Gierek, ha acquistato una licenza per produrre baguette dai francesi. Così ha iniziato a diffondersi come cibo dal prezzo popolarissimo, e sostanzioso, nelle bancarelle di tutto il Paese, spesso a conduzione familiare che vendevano anche salsicce, o zuppe. Dopo un declino, sta andando di moda negli ultimi anni, apprezzata dai turisti probabilmente per lo stesso motivo. Sì, incredibilmente nel mondo esistono persone che trovano accettabile la combinazione di formaggio più ketchup. La carenza di popolarità del piatto negli anni Novanta era dovuta al crollo del socialismo e all’arrivo del modello americano, coi McDonald’s. Via le cipolle fritte, i cetrioli sottaceto a fette e le Zapiekanki, dentro hamburger e patatine. Un piccolo culto sotterraneo per questa baguette condita è tuttavia rimasto soprattutto a Cracovia, nel leggendario baracchino U Endziora nel quartiere di Kazimierz, quello ex ebraico, quello dove è stato girato “Il pianista”. Quello rimasto autentico poiché risparmiato durante la Seconda guerra mondiale. Una passione che, da pochi, è tornata ad essere di tutti.
Vista la rinnovata fama, molti ne propongono varie versioni. Alcuni la chiamano, e farebbero meglio a non farlo, la “pizza polacca”. Si può ordinare con pancetta e cetriolini, con ananas e salsa barbecue, con olive e formaggio feta. Ogni combinazione che appare improbabile, può andare bene. Gli studenti sembrano essere particolarmente fantasiosi. Del resto, è un enorme panino, ma con una fetta di pane sola. Non si può non assaggiarlo almeno una volta.
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