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alpinismo estremo
31 Dicembre 2021 - 08:00
Luca Colli sulle pendici del Monte Vinson
Il 26 dicembre, un bel giorno per coronare un sogno inseguito a lungo con determinazione. Luca Colli, il 52enne skyrunner vigevanese, è riuscito nell'impresa di completare il progetto “Running 7 Summits”, che consisteva nello scalare le dieci cime più alte di tutti i continenti seguendo tutte le interpretazioni possibili, da quelle geografiche a quello geologiche, giusto per non lasciare spazio a dubbi e interpretazioni. Dopo l'Everest, raggiunto nel 2019, a Luca mancava il Monte Vinson, a quota 4893 metri, il punto più alto dell'Antartide. Dal punto di vista alpinistico non l'impresa più ardua, certo non paragonabile a quella di due anni fa, ma di sicuro assai complicata per le condizioni climatiche. In quella che è l'estate dell'emisfero australe, dove il sole non tramonta mai, la temperatura quando tira vento scende infatti al di sotto dei 40 gradi. A ciò aggiungiamo che tra gennaio e febbraio Luca ha dovuto sconfiggere un altro avversario infido, il Covid, che per un mese l'ha costretto alla ventilazione meccanica. La ripresa è stata dura, ma la sua tempra gli ha permesso di recuperare le forze abbastanza in fretta.
E veniamo al racconto dell'ultima impresa. Dopo aver raggiunto Punta Arenas, la parte più a sud del Cile, e rispettati i cinque giorni di quarantena, Colli ha preso un volo di linea che l'ha portato in Antardide. Qui ha aspettato la finestra di tempo più favorevole per essere trasportato con aerei più piccoli al campo base. “Un campo piccolo, con tende altrettanto piccole – dice - ma dove si mangiava molto bene, grazie a uno chef argentino”. Dopo il necessario acclimatamento e le verifiche tecniche, l'antivigilia di Natale è partita la scalata. Primo step il campo 1 a 2700 d'altezza, una salita facile di 10 km in falsopiano dove comunque bisogna prestare attenzione ai crepacci anche per le condizioni particolari di luce. Decisamente più impegnativo il raggiungimento del campo 2 a quota 3900 con una pendenza di circa il 45 per cento, non poco considerando anche l'attrezzatura da portarsi alle spalle; quindi l'ultimo strappo, altri 9 km, per raggiungere la vetta. Normalmente l'ascesa viene completata in tre/quattro giorni, l'obiettivo di Luca era di riuscirci in 12 ore, ma un inconveniente ha reso impossibile questo.
“A 4850 metri, quindi a una cinquantina di metri dalla vetta – racconta - al mio compagno, Rolfe Oostra, un olandese trapiantato in Australia, si è scaricata la batteria che teneva il contatto con il campo base. L'opera di sostituzione ha comportato pochi minuti, ma abbastanza per provocare a -40 gradi qualche avvisaglia di congelamento; abbiamo cercato ugualmente di proseguire, ma era troppo rischioso e pertanto siamo stati costretti a fare rientro al campo 2. Qui abbiamo aspettato le condizioni migliori per ripartire e l'ascesa è stata poi portata a termine nella mattina del 26 dicembre, non nel tempo che avevo programmato, ma va bene lo stesso così, l'obiettivo è stato ugualmente raggiunto! Purtroppo non è stato possibile documentare il raggiungimento della vetta in quanto a -38 gradi e con un vento di 20 nodi sia la macchina fotografica che la videocamera sono andate in tilt. Chi mi segue dovrà quindi fidarsi ciecamente del mio racconto”.
Conoscendoti Luca, nessun dubbio... e poi per uno che ha scalato l'Everest!
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