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Stamattina

Gli Sforza visti dagli occhi di una donna: Carla Maria Russo incanta la Cavallerizza

Il resoconto della conferenza per presentare il libro "La bastarda degli Sforza"

Davide Maniaci

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15 Ottobre 2022 - 14:27

La storia degli Sforza vista dagli occhi di una donna. Raccontarla a Vigevano è davvero un segno del destino. Carla Maria Russo, «appassionata di ricerca storica che adora le biblioteche», è arrivata stamattina in città in Cavallerizza (e non, come indicato in un primo tempo dagli organizzatori, nella vicina sala dell'Affresco) nell’ambito della Rassegna letteraria. Intervistata da Marco Carminati, ha presentato il libro “I giorni dell’amore e della guerra. La bastarda degli Sforza”, edito da Piemme.

La «bastarda» sarebbe Caterina Sforza, la “contessa guerriera”, figlia di Galeazzo Maria e di una sua amante. Una precisione storica certosina. Il mondo interiore come costruzione, un’ipotesi da parte dell’autrice dei moti del cuore. «Di lei – spiega Russo – mi ha colpito profondamente la sua vicenda umana, quell’infanzia felice rubatale in modo così improvviso e brutale all’età di nove anni, quando suo padre, sostanzialmente, la “vendette” a Girolamo Riario, figlio del Papa, per salvarsi da una situazione politicamente difficile causata dalla sua imprudenza e superficialità. Un episodio che ribalterà l’esistenza di Caterina. Poi c’è il suo carattere determinato, forte e battagliero, mai disposto a cedere, ad arrendersi, a lasciarsi scoraggiare o, peggio, intimidire. Un carattere che si sposa perfettamente con le sue passioni (la matematica, le scienze) e le sue grandi doti militari. Sì, proprio così: doti militari. Caterina è l’unica Sforza che davvero dimostra con i fatti di avere ereditato la tempra, le capacità militari e la visione strategica del nonno Francesco Sforza. Nessuno dei figli di Francesco e Bianca Maria Visconti erediterà queste capacità, tranne Caterina che le dimostrerà sul campo di battaglia, nelle occasioni cruciali della sua vita». Ludovico il Moro, al contrario della nipote, è l’esatto opposto: pur figlio del grande Francesco, non mostrava alcun interesse per la guerra. Ludovico era cinico, astuto, abile, visionario, capace di concepire e realizzare progetti audaci. Ma era un capo di Stato da tempo di pace. «La Vigevano del XV Secolo – conclude – la immagino come un grande cantiere, forse anche più imponente rispetto a Milano. Il castello rifatto, il viavai». Poi quel tizio, Leonardo, dalla reputazione di genio ma anche di depravato, con un fascio di carte e disegni fra le braccia, che studiava come assecondare i grandiosi progetti del duca. Insieme avrebbero cambiato la storia della Lombardia.

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