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Storia dello Spritz

Il cocktail più bevuto d'Italia all'ora dell'aperitivo ha origini austriache e la sua storia non supera i 150 anni

Davide Maniaci

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dade.x@hotmail.it

24 Marzo 2023 - 07:00

Storia dello Spritz

Lo Spritz è tra i cocktail più bevuti in Italia

La paternità se la contendono Trieste, Padova e Venezia, dove viene ancora preparato col Select, bitter dolciastro «purista e nostalgico» che dona quell'aroma inconfondibile. Attenti a non confondere la ricetta: alcuni lo fanno ancora all'antica maniera, allungando semplicemente il vino con l'acqua.

Tutti noi sui libri di storia abbiamo studiato, controvoglia o meno, il dominio austriaco in Italia. Non è durato molto (circa 150 anni, con alcune interruzioni) ma ha lasciato tracce durevoli nelle leggi, nelle strutture e nell’argomento che più ci interessa: il cibo, e il bere in questo caso. Vienna era capitale anche di territori che si estendevano fino al Ticino: Veneto, Trentino, Friuli, quasi tutta la Lombardia. Chiunque si comporta da dominatore trova normale adeguare le usanze di altri adattandole al proprio uso e consumo. È così che il vino locale, ritenuto troppo forte, veniva “spruzzato” (in tedesco «spritzen») con dell’acqua frizzante per mitigarne la potenza. Da “spritzen” a “spritz”, per una parlata ruspante come quella veneta, il passo è brevissimo. Non è un caso che lo spritz originale sia, semplicemente, vino bianco o rosso allungato con acqua, tanto che a Trieste o a Padova, se non si specifica al momento dell’ordinazione, lo spritz viene ancora servito così e proprio così lo vogliono rigorosamente gli anziani, poco inclini per tradizione a seguire le mode giovanili.

Sì, ma è nato a Padova o a Trieste? Come sempre nella storia della cucina & affini, non se ne ha la certezza. Innanzitutto bisogna notare che è un drink consumato quasi solo nei territori ex-austriaci: a Brescia si chiama “pirlo” ed usa il vino bianco fermo anziché il prosecco, a Milano si trova ovunque tanto che molti pensano che sia tipico della città. In realtà l’Aperol è nato negli anni ’20 e la campagna pubblicitaria che ha reso popolare l’omonima versione dello spritz, solo una trentina di anni fa. Quindi che ci sia lo zampino degli austriaci, non ci piove.


Una fonte autorevole, la nobildonna padovana Mariù Salvadori De Zuliani, appassionata di cucina, non ha dubbi: è nato a Padova. Pensa te. Nelle sue memorie lo spritz era ormai la bevanda come la conosciamo oggi, non più il vino annacquato degli austriaci. Lei già negli anni ’50 aggiungeva il Campari, il Cynar o addirittura il gin, rendendo evidente che fosse diventato un drink italiano, per italiani, creato da italiani: nessuno come noi nel mondo abbina in modo così disinvolto l’amaro
e il dolciastro. De Zuliani fornisce anche la sua ricetta, in veneto stretto: «un goto de vin bianco, 1/4 de bicèr de un amaro qualsiasi e scorzeta de limon. Ghe xe anca de quei che ghe zonta el “golosezzo” , ossia un giozetto de gin, oppur un’oliva impirada in t’un steccadente (…)».

Quindi: gli austriaci allungavano il vino, i veneti hanno chiamato questo intruglio “spritz” e qualcuno, chissà dove e chissà quando, ha deciso di aggiungerci qualcos’altro. Forse negli anni ’20, quando dall’America arriva la moda del cocktail. Un esempio sono i drink inventati in quegli anni: il Negroni, il Milano-Torino, l’americano (chiamato così non perché nato in America, ma perché seguiva l’usanza americana del miscelare). Qualcosa del genere deve essere successa anche con lo spritz, sebbene venisse considerato da tanti come un cocktail volgare, da rozzi ubriaconi (o da tedeschi). I migliori bar di Venezia hanno infatti iniziato a servirlo soltanto da qualche lustro, più o meno dagli anni ’80, ossia quando la moderna versione
dello spritz è diventata celebre in tutti gli ambienti.

Il bitter preferito a Venezia non è l’Aperol (gusto femminile) né tantomeno il Campari (gusto maschile) ma il Select, nato nel 1920 in Laguna dalla distilleria dei fratelli Pila. Il Select dona un aroma purista e nostalgico e meno apocrifo rispetto alla scelta di chi nello spritz esige addirittura il Cynar.

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