Cerca

Venerdì 26

La storia del nonno deportato diventa uno spettacolo teatrale

Ingresso libero dalle 21 all'auditorium Mussini di viale Libertà, nell'ambito del Giorno della memoria

Davide Maniaci

Email:

dade.x@hotmail.it

19 Gennaio 2024 - 08:43

La storia del nonno deportato diventa uno spettacolo teatrale

La storia del nonno è venuta fuori in modo compiuto soltanto dopo la sua morte. Perché lui della sua prigionia nei lager parlava di rado, come un trauma da non voler condividere. Adesso invece tutti sanno che Oreste Gianuzzi, vigevanese, è stato uno dei 700 mila Imi: gli Internati Militari Italiani che l’indomani dell’8 settembre 1943 dissero «no» alla Repubblica Sociale Italiana dando una svolta decisiva all’esito della guerra. Pagarono con la deportazione, tornarono in pochi. La storia di Gianuzzi è diventata uno spettacolo teatrale prodotto da Le Tre Corde, scritto dal regista Corrado Gambi e interpretato da Alessandro Giràmi, attore di valore, allievo di Dario Fo.

Alessandro Giràmi


Sarà una delle tappe più importanti degli eventi inerenti il Giorno della memoria. Venerdì 26 gennaio alle 21 l’ingresso per “Gianuzzi Oreste - Stalag VI F - Bocholt” è libero. Il luogo scelto è l’auditorium Mussini di viale Libertà. Il tecnico delle luci è Mario Ferraris Fusarini, vigevanese, e non è un dettaglio trascurabile: lui è il nipote di Gianuzzi, lui tramite ricerche incessanti e certosine è riuscito a ricostruirne le vicende e a far sì che venisse premiato, ovviamente alla memoria, esattamente due anni fa nel municipio di Vigevano con la Medaglia d’onore al valor militare.

Oreste Gianuzzi


«La vicenda di Oreste - aggiunge Corrado Gambi - è come quella di altri 700 mila soldati-eroi, ed è un recupero di memoria da parte del nipote Mario che ha scritto in tutto il mondo per cercare notizie e rendere onore e giustizia a lui e ad altri uomini dimenticati dalla storiografia». Una storia incredibile: durante la prigionia a Bocholt, Gianuzzi, classe 1914, sopravvive perché il comandante del campo, Joseph Tewes, nota le sue doti manuali (il vigevanese era un muratore) e lo prende come manovale di casa propria fino all’aprile del ‘45, quando i campi di concentramento vengono liberati e i tedeschi scappano. Ecco il ritorno a casa, un’esistenza tranquilla fino al 1997, senza mai dire quasi niente. Poi è arrivato il nipote, con le sue ricerche minuziose che hanno dato speranza a tanti discendenti di Internati Militari Italiani. Non era ancora troppo tardi per accendere la luce su di loro.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su L'informatore

Caratteri rimanenti: 400