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La storia
13 Settembre 2024 - 16:50
Ancora prima di entrare in una delle voliere esterne è possibile sentire, col volume che si alza avvicinandosi, un brano dei Nirvana. È solo un caso, perché la radio va avanti di continuo e serve per intrattenere i pappagalli, insieme a tantissime altre attenzioni come la pulizia costante degli spazi, il cibo di qualità, le coccole. Davide Re vive a Robbio, in casa possiede decine di pennuti di varie specie. Ara, amazzone, caicco, ecletto verde. I nomi li sceglie perlopiù la figlia, perché questa passione pare essere una cosa di famiglia. Entrando in casa c’è la gabbia di Grisù, dalle bellissime penne verdi. Timida, all’inizio restava nella parte più alta della gabbia per non farsi vedere. Poi ha preso confidenza e ha anche iniziato a parlare. «Rita», chiamava: la signora Re che quindi fa da mamma a questi uccelli come lui gli fa da vero e proprio padre, perché dal punto di vista della cura e dell’affetto è senz’altro così.
Anni 64, imprenditore in pensione (aveva anche un’attività a Mortara), il robbiese ha sempre amato queste creature. Ne aveva comprata una al mercato del paese da piccolissimo, vendendo le rane che andava a prendere nei canali. Poi, da quando il tempo libero è diventato tanto, la passione è esplosa. Specie brasiliane e australiane che lui protegge, porta a spasso («gli faccio indossare una pettorina in caso si perdessero», rivela), nutre. Le divide a seconda dell’indole e del carattere, e della predisposizione. Ha costruito una “gabbia-infermeria” per i piccoli. «Alcune specie, infatti – spiega – abbandonano i cuccioli. Sarebbero destinati a morte certa. Quindi io li salvo e li faccio diventare grandi. Ognuno di loro ha una storia, ognuno è speciale».
Possiede il certificato Cites, indispensabile per possedere animali rari, fa parte della Federazione Ornicoltori Italiani ma non partecipa a gare od esposizioni. «Dovrei lasciare gli animali – è il motivo – a gente che non li conosce, non li ama. Li nutre e basta. No. Allo stesso modo noi non andiamo in ferie anche perché sarebbe impossibile lasciarli da soli. Dovrei portarmeli dietro». Quando la famiglia Re è in casa, capita anche che i pappagalli volino liberamente nelle stanze, tanto non sporcano. Quando escono, loro lasciano comunque la radio o la televisione accesa per dare un sottofondo. Come i Nirvana. Subito dopo sono partiti i Queen. «Di fatto – chiariscono – è come avere un cane, o un gatto, ma rimangono sempre cuccioli. I pappagalli non si affezionano al territorio ma alla persona e soffrono tantissimo in caso di distacco. Conosciamo il loro carattere». Johnny ad esempio è quello dispettoso e attaccabrighe. L’ara salvata da un vecchio padrone che la trascurava invece è timida. Se ci sono estranei rimane sul braccio di Davide Re, senza avvicinarsi troppo. Sono in grado di far capire quando vogliono essere lavati. Un impianto costruito dallo stesso Re simula l’alba, il tramonto, l’inverno mite dei tropici. Per fortuna i vicini tollerano: quando garriscono all’unisono, nessuno si lamenta mai. Chi ritiene che oltre al sacrificio del tempo e dell’energia ci sia anche quello economico, sbaglia. La spesa è minima. Mangiano semi, frutta, verdura. «Non carne: potrebbero nutrirsene ma rischierebbero di diventare onnivori e quindi anche di divorare i propri cuccioli». Il problema semmai è il veterinario, perché quello aviario c’è solo a Pavia e in auto è un’ora solo ad andare. Chi abita al sud Italia, però, e possiede dei pappagalli è ancora più isolato.
«Quello che tengo a dire a tutti i costi – conclude il robbiese, uomo dal carattere mite – è che io lo faccio per una passione. Non voglio apparire, non voglio generare invidie, non voglio giudizi. Ci sono appassionati che fanno le cose molto più in grande di me». Mentre lo spiega, Grisù continua a chiamare «Rita». Intanto Piuma, poco più in là, chioma vermiglia, le urla «taci», quando il baccano inizia ad essere eccessivo e lei vuole la pace.
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