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Magistratura al femminile: più donne nei concorsi, ma i vertici restano maschili

Nonostante la maggioranza femminile tra i vincitori dei concorsi in magistratura, gli incarichi direttivi restano appannaggio degli uomini: 3 su 4 sono uomini

Annalisa Vella

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annalisa@ievve.com

07 Marzo 2025 - 17:37

Magistratura al femminile: più donne nei concorsi, ma i vertici restano maschili

Negli ultimi anni, la magistratura italiana ha visto un crescente numero di donne superare i concorsi per l’accesso alla carriera giudiziaria. Tra il 2016 e il 2022, la percentuale di vincitrici ha oscillato tra il 56% e il 69%, con un picco nel concorso del 2019, dove su 209 idonei ben 145 erano donne, pari al 69,3%. Tuttavia, nonostante questa presenza preponderante, il gender gap nei ruoli direttivi rimane marcato, con il 75% degli incarichi ancora occupati da uomini.

I numeri della magistratura femminile

Secondo i dati del Ministero della Giustizia, aggiornati dalla Direzione generale dei magistrati, le donne rappresentano attualmente il 56,7% dei 9.662 magistrati in servizio in Italia. Questa distribuzione si riflette anche a livello territoriale: le magistrate sono il 56% al Centro, il 59% al Nord e il 58% al Sud. Alcuni distretti registrano picchi di presenza femminile, con Milano al 65%, Napoli al 63% e Catanzaro al 61%. Solo a Trento, Bolzano e Cagliari la componente maschile supera quella femminile.

Ruoli direttivi: il divario di genere persiste

Se da un lato le donne magistrato sono ormai una maggioranza consolidata, dall’altro il numero di coloro che raggiungono incarichi apicali resta basso. Nei principali uffici con giurisdizione nazionale, come la Corte di Cassazione o la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, la percentuale femminile scende al 37%. Ancora più evidente è il divario nei ruoli direttivi, dove su 416 incarichi solo un quarto è affidato a donne.

Nonostante ciò, il trend mostra una progressiva crescita delle donne nelle posizioni di vertice. Un segnale positivo arriva da alcune recenti nomine, come quelle di Marta Cartabia, prima donna Presidente della Corte Costituzionale, e Margherita Cassano, Prima Presidente della Corte di Cassazione.

Le sfide per una piena parità

Maria Rosaria Covielli, Presidente della Corte d'Appello di Napoli, sottolinea i progressi compiuti rispetto al passato: “Quando sono entrata in magistratura, il divario di genere era molto più ampio. Oggi le donne ai vertici degli uffici giudiziari nel distretto di Napoli sono in netta maggioranza”. Tuttavia, restano ancora ostacoli da superare. “La maternità e l’assistenza ai familiari vengono spesso percepite come fattori che ostacolano la funzionalità dell’ufficio”, osserva Covielli. Un problema che, secondo la magistrata, deve essere affrontato con un cambio culturale e con misure concrete per favorire la parità. “Molto è stato fatto grazie ai Comitati per le pari opportunità e alle indicazioni del Consiglio Superiore della Magistratura”, conclude Covielli, “ma molto resta ancora da fare affinché l’articolo 3 della Costituzione sia pienamente attuato anche nel nostro settore”.

Storia delle donne in magistratura
La legge n. 66 del 1963, che permise alle donne di accedere alla magistratura, fu il risultato di un lungo e difficile percorso segnato da discriminazioni e ostacoli normativi. Già la legge n. 1176 del 1919 aveva riconosciuto alle donne la capacità giuridica, ma le escludeva da ruoli pubblici che implicavano poteri giurisdizionali o politici. Il regolamento attuativo del 1920 ampliò le restrizioni, impedendo alle donne di ricoprire importanti incarichi pubblici, tra cui quello di magistrato.
Nonostante alcune aperture, il fascismo rafforzò tali limitazioni, relegando le donne al ruolo di madri e mogli e precludendo loro l’accesso alla magistratura. La legislazione del 1941 confermò questa esclusione, richiedendo, tra i requisiti per diventare magistrato, l’essere uomo e iscritto al Partito Nazionale Fascista.
Dopo la caduta del regime, l’Assemblea Costituente affrontò il tema dell’accesso delle donne agli uffici pubblici. Tuttavia, il dibattito fu segnato da forti pregiudizi e resistenze da parte della maggioranza dei Costituenti, che consideravano inadeguata la presenza femminile in ambito giurisdizionale. Solo una piccola minoranza di donne riuscì a far sentire la propria voce in un contesto dominato da stereotipi culturali.
Nonostante ciò, fu approvato l’art. 51 della Costituzione, che riconosceva formalmente l’uguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici. Tuttavia, la sua formulazione lasciava spazio a interpretazioni restrittive, rallentando il reale ingresso delle donne nella magistratura, che avvenne definitivamente solo con la legge del 1963. Il primo concorso aperto alle candidate donne fu indetto nel maggio dello stesso anno, e risultarono idonee otto candidate su 187 (i posti messi a concorso erano 200). 
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