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Il professore che gioca con le parole

Piersandro Pallavicini è un prestigioso docente dell'Università degli Studi di Pavia, organizza minuziosamente lezioni a centinaia di studenti sulla Chimica supramolecolare e affini. Siccome però l'insieme è sempre più della somma delle sue parti, convien

08 Marzo 2012 - 19:06

Il professore che gioca con le parole
La personalità dello scrittore e docente ducale, infatti, è dannatamente
sfaccettata e alla mano, alla faccia degli stereotipi tutti costruiti sui professori di chimica. L'abito non fa il monaco, un proverbio che ben si può
utilizzare in questo caso. Il nostro debutta, come accennato, nel 1999 con il
romanzo Il Mostro di Vigevano, pubblicato da Pequod, per poi passare alla
Feltrinelli, per la quale pubblica Madre nostra che sarai nei cieli (2002),
Atomico dandy (2005), African Inferno (2009) e il romanzo breve A braccia
aperte (2010).
Piersandro scrive storie, divertenti, toccanti e gradevolissime, ottenendo un sempre più crescente consenso di critica e pubblico. Molto interessante scoprire quale è stata la scintilla che ha fatto imperversare il demone della scrittura nel cuore di un docente di chimica: «Fondamentalmente ho iniziato a scrivere per piacere a una ragazza, in età piuttosto avanzata verso i 27 anni. Lei aveva 11 anni in meno di me ed era affascinata da tutto quello che ruotava intorno al mondo dell'arte. Per farle capire che non ero un merluzzo, ho deciso di scriverle racconti che mettessero in evidenza il mio lato creativo. Direi che mi è andata piuttosto bene. I racconti sono diventati romanzi e quella ragazza mia moglie... Per quanto riguarda il processo creativo, lascio che la scrittura venga a me. - prosegue Piersandro - Un nucleo, i personaggi e gli ambienti, si formano naturalmente in testa, poi metto a fuoco una trama, delle situazioni base. Quelle diventano le fondamenta sulle quali costruire il romanzo. Faccio anche molto lavoro di ricerca. Ad esempio per "Romanzo per signora" ho visitato più volte Nizza e la Provenza, ho letto una rara biografia di Frederic Prokosch, ho ripreso i miei libri di Tondelli, riletto Wodehouse e Piero Chiara, studiato il vocabolario del dialetto vigevanese».
Un rapporto, quello con le origini lomelline, ben evidenziato nei suoi racconti. «Le mie radici sono così importanti da non riuscire a staccarmene. Sono nato a Vigevano e ho vissuto quasi esclusivamente in Lombardia. I personaggi di cui scrivo sono spontaneamente lombardi, e della nostra provincia in particolare. Con loro mi diverto, mi sento a casa e riesco ad esorcizzare il provincialismo che ho nel midollo e dal quale, da anni, lotto per affrancarmi».
Anche per questo motivo il prossimo romanzo vorrebbe essere diverso.
«Vorrei scrivere ambientando una storia all'estero, così da avere una scusa per visitare luoghi che amo come Londra, Barcellona, Parigi e Berlino».
In bocca al lupo al professore!
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