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19 Ottobre 2018 - 18:37
Cercas (nome completo Javier Cercas Mena), spagnolo, scrive per il quotidiano El País e per anni ha insegnato filologia ispanica all’università dell’Illinois. Ma è anche un fiorente scrittore: a partire dal suo romanzo di successo “Soldados de Salamina”, le sue opere sono state tradotte in più di 30 lingue. La sua penna è principalmente narrativa e si caratterizza per la mescolanza di numerosi generi letterari, l’uso del romanzo “nonfiction” e l’unione di cronaca e saggio con la finzione. «Non sono giornalista – rivela – ma è vero che i miei romanzi abbiano qualcosa di cronachistico. Così come non sono uno storico, ma i miei libri hanno uno stretto rapporto con la storia. Si potrebbe dire lo stesso del saggio, della filosofia, della biografia o dell’autobiografia. Questa è la meraviglia del romanzo, come lo inventò Cervantes (di cui Cercas è grandissimo estimatore) e come lo interpreto io: può contenere tutti gli altri generi, può essere usato da tutti, può essere versatile. Il romanzo è il genere della libertà totale. Cerco di sfruttare al meglio questa virtù, che è la principale». Ma oltre al romanzo Cercas si occupa di attualità: proprio lui aprì il 31esimo salone del libro di Torino nel maggio di quest’anno con un monologo sul vecchio continente, chiamato “E pluribus unicum”. Proprio la città della Mole Antonelliana gli aveva assegnato il premio Grinzane Cavour, e l’autore iberico ha parlato per un’ora cesellando la sua idea di Europa partendo sia dalla propria storia, dai propri ricordi di bambino e da quelli della sua terra natia. Un continente dove convive l’eredità di Atene, di Gerusalemme, di Socrate e di Gesù Cristo. «Ma l’attuale Unione Europea – continua lui, che ha pubblicato “Il sovrano delle ombre” solo un anno fa – mi sembra del tutto insoddisfacente, con un grave deficit democratico e una totale mancanza di solidarietà tra i suoi membri, molti dei quali non sembrano credere in fondo a questa idea. Inoltre, il suo stato attuale è pessimo perché viene scosso dal vento nazionalista-populista che soffia in tutto l’Occidente: questo è il principale pericolo per l’attuale democrazia. La mia speranza è che l’Europa diventi presto uno stato federale. Proprio di questo parlo nel mio saggio che ha appena ricevuto il Premio Sactis, e che presenterò a Roma due giorni prima di arrivare a Vigevano».
Oltre al concetto di “Europa”, la città potrò conoscere meglio una penna finissima, acuta, profonda. Lo provano i suoi romanzi, spesso in bilico tra i concetti di “finzione” e “realtà”, ammesso che ci sia qualche differenza. «Una finzione – conclude Javier Cercas – non è esattamente una bugia, anche se può somigliarvi molto. In latino la parola “mentire” significa sia “dire il falso” sia “inventare”, ma quando inventi credo che mentire sia obbligatorio. Certe verità possono essere raggiunte solo con la finzione, e una di esse è quella letteraria. Ecco perché la verità contenuta nel Don Chisciotte riguarda non solo gli spagnoli del diciassettesimo secolo, ma tutti gli uomini e le donne in ogni momento e luogo. Questa è la verità letteraria, e può essere raggiunta attraverso la deviazione di una bugia, cioè attraverso la finzione».
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