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Fino al 4 dicembre
13 Novembre 2022 - 19:47
Non c’era mai stata, almeno a memoria, una collettiva di arte geometrica di alto profilo in città. La caratura dei cinque protagonisti è importante: vengono tutti dal museo della Permanente di Milano, uno dei più antichi e prestigiosi, di cui sono soci. “Sensibilità geometriche”, negli spazi della Seconda scuderia del Castello di Vigevano, è stata inaugurata sabato 12 novembre alle ore 17. Durerà quasi un mese: si chiudono i battenti domenica 4 dicembre. La mostra è visitabile a ingresso libero dal martedì al venerdì dalle 14 alle 17,30. Sabato, domenica e festivi invece dalle 10 alle 18.
Circa cinquanta opere, divise equamente tra Matteo Cannata, Carmine Caputo di Roccanuova, Carlo Catiri, Vincenzo Pellitta, Luigi Rossanigo. Un evento importante, allestito da Edoardo Maffeo e organizzato dal Comune. “Sensibilità geometriche” è la continuazione ideale come intenti de “La poetica della materia”, apprezzata mostra dello scorso anno. Opere eterogenee come forme, dimensioni e materiali ma accomunate dalla ricerca appassionata e all’avanguardia della forma geometrica. Nel filmato le parole di Maffeo e di Pellitta, artista vigevanese.
«Visitare l’allestimento, scoprire (o riscoprire) questi cinque maestri della Permanente - chiarisce Maffeo - significa per lo spettatore comprendere le ragioni più profonde della sensibilità artistica contemporanea. Geometria e arte: una storia lunga quasi quanto quella dell’uomo. Sbaglia di grosso chi pensa che la pittura geometrica rappresenti solo uno degli esiti (o l’aberrazione evolutiva secondo taluni) dell'esplosione astrattista d'inizio Novecento quando artisti di diversa personalità ed estrazione dichiararono guerra alla dittatura del figurativo, affermando la totale indipendenza e autonomia del quadro; quando Kandinskij poteva permettersi di paragonare "il contatto dell'angolo acuto di un triangolo con un cerchio" al contatto "dell'indice di Dio con quello di Adamo in Michelangelo"; quando "il quadro cessò di essere quadro, e divenne pittura, oggetto», come aveva scritto Rodcenko nel 1921 o quando Kazimir Malevič, l’anno precedente, annunciava di voler "costruire le forme a partire dal nulla". Tutti i movimenti d’avanguardia dello scorso secolo hanno utilizzato, beninteso ognuno con la propria specifica cifra e declinazione, le forme geometriche nel tentativo di distanziarsi dal puramente emotivo, dare armonia e ritmo all’opera o con intenti simbolici. Quelle forme astratte sono all’origine di un linguaggio a noi familiare che, a partire dai primi esperimenti dei mass-media degli anni ’50 e giungendo all’estetica del pixel informatico, ha costruito e costituisce gran parte dell’approccio visivo contemporaneo. Siamo stati tutti educati da queste forme, quasi senza saperlo».
Matteo Cannata
"Divino spazio"
La necessità di tornare al principio della forma e della comunicazione sembra essere il centro gravitazionale dell’opera di Matteo Cannata. Lo fa recuperando molti temi di quell'astrattismo delle origini del quale rivendica i capisaldi traducendoli in uno stile che mixa una severa pulizia del segno, nitore cromatico e vivacità compositiva. Il dato tecnico è uno degli elementi caratterizzanti di questo intelligente lavoro retrospettivo e si coniuga con un alfabeto reiterato, che attinge ai maestri delle avanguardie e li fonde all'interno di un universo personale in cui appaiono labirintiche forme geometriche, misteriose costellazioni, stilizzazioni grafiche ed elementi vagamente meccanici. Nonostante l'attenzione meticolosa alla dimensione operativa, ogni opera è soggetta ad una imprevedibilità dinamica che fa emergere varietà di ritmi, andamenti ed interessanti“armonie disarmoniche” mentre l’inserimento di elementi compositivi ricorrenti come ”l’occhio”apre a sorprendenti scenari di ricerca introspettiva.
Abbiamo accennato come, sin dal suo primo apparire, sotto la sintetica ed a volte troppo sbrigativa definizione (o sigla) di “astrattismo geometrico” si nascondessero in realtà percorsi, soggettivi o di gruppo, del tutto indipendenti, talvolta addirittura contrastanti e conflittuali. Non poteva e, come dimostra anche questa mostra, non può essere altrimenti.
Nato a Ribera, in provincia di Agrigento, un paese piccolo del sud della Sicilia, il 19 Agosto 1954. Spinto da una grande passione per l’arte, non condivisa da entrambi i genitori emigrati all’estero per lavoro. Compie gli studi presso l'Istituto Statale d'Arte di Sciacca (AG) e contemporaneamente approfondisce le tecniche pittoriche dei grandi maestri del primo del 900, avendo come riferimento i dipinti di Magritte, Kandinsly e Salvator Dalì. Nel 1973 consegue la maturità artistica nell’indirizzo Ebanisteria (arte del legno). Il suo percorso artistico inizia giovanissimo prediligendo la tecnica pittorica. In questo periodo si dedica maggiormente allo studio di varie tecniche grafiche ma si sofferma maggiormente in quella della pittura ad olio e dell’acquarello realizzando in questa prima fase di ricerca opere prettamente figurative con una spiccata abilità tecnica-creativa. Successivamente continua gli studi presso la facoltà di Architettura di Palermo e abbandona temporaneamente la produzione artistica per dedicarsi agli studi universitari. Nel 1979 consegue la laurea in architettura. Nel 1985 si trasferisce, con la famiglia, a Milano e dopo qualche anno ottiene l’immissione in ruolo per la cattedra di Discipline Geometriche Architettoniche e Arredamento, presso il Liceo Artistico Statale di Brera, dove rimane ad insegnare fino al 2021. In questo liceo conosce diversi colleghi artisti, pittori e scultori, uno di questi, in particolare, lo scultore Alfredo Mazzotta che dopo avere visionato alcune sue opere lo invoglia a riprendere l’attività artistica che aveva abbandonato. In questo periodo inizia una seconda fase di lavoro che rimane a tutt’oggi incentrata sulla realizzazione di opere con caratteristiche metafisiche dove la realtà diventa magicamente astratta. Nelle sue opere figurano diversi simboli, il primo fra tutti è l’occhio, che rappresenta in gran parte lo sguardo interiore dell’artista, oltre a questo, il labirinto elemento spesso ricorrente, con inquietanti
percorsi, i percorsi incerti della vita. Recentemente le sue opere sono caratterizzate con immagini costruite con prospettive che sfruttano la geometria descrittiva degli spazi e dei volumi senza tralasciare la continuità della sua ricerca personale. Nell’anno 2008 diventa socio ordinario della Società per le belle arti ed esposizione permanente (MI). E ‘un’artista originale e versatile; la sua produzione artistica è incentrata principalmente nella realizzazione di opere pittoriche ma costante è anche la sua partecipazione a simposi di scultura. Sue opere si trovano: in Italia presso collezionisti privati, all’estero, presso ARCHIVIO SARTORI (Mantova), nella collezione di Duilio Zanni “600 tondi d’autore”, nel Museo d’Arte Contemporanea “Vito Mele” di S. Maria di Leuca (LE), nel Museo del Disarmo – Casa Spinola – Cantalupo Ligure (AL) e nella collezione dello scultore Alfredo Mazzotta.
Carmine Caputo di Roccanuova
"Compenetrazione-Torsione"
Nelle opere di Carmine Caputo di Roccanuova il sospeso equilibrio di rigorose proiezioni di volume e gli l'improvvisi slittamenti del ductus lineare verificano come l'asimmetria sia la radice propulsiva del movimento, il superamento di ogni inerzia. Si assiste al trionfo di una complessa orditura compositiva, definita da forme geometriche semplici accostate o intersecanti che suggeriscono una trasfigurazione del reale di cui viene presentato solo il concetto formale. Il risultato è una creazione in cui si condensano tutte le sensazioni che accompagnano un’ispirazione capace di comunicare il vigore espressivo e la carica emotiva dell’artista. Una realtà sintetizzata con la scansione geometrica dei contorni, con un disegno, semplificato ma intensamente drammatico, con l’uso disinvolto delle potenzialità espressive della materia cromatica sempre in equilibrio tra il rigore delle figure geometriche e la magia del colore, che - tra ragione e sentimento - crea suggestioni ed emozioni.
Negato ogni rapporto con il reale e gli elementi oggettivi dell’immagine, le tensioni e le non univoche sensibilità creative hanno incessantemente alimentato le vie individuali di intuizione e di scoperta degli artisti che, nel puro esercizio dell’arte, si sono comportati sempre più come filosofi alla ricerca della “loro” linguaggio-verità e della “loro” visione del mondo all’insegna “del comune bisogno di chiarezza, di certezza e di ordine”.
Dopo aver conseguito i diplomi di Accademia di Belle Arti a Milano, prima pittura e poi scultura , si laurea in architettura (1998) presso il Politecnico di Milano con una tesi su Luciano Baldessari (relatore Fulvio Irace). Sin dall'inizio dell'Accademia di belle arti si dedica allo studio di composizioni geometriche con elementi modulari, realizzate con la tecnica serigrafica. Successivamente di dedica anche alla scultura, realizzando pannelli tridimensionali utilizzando strisce di cartoncino. Nel 1996 scrive il Nuovo Manifesto di cucina futurista e inizia la collaborazione con Arte da mangiare partecipando a quasi tutte le edizioni. Collabora con la Galleria Vismara e Scoglio di Quarto e nel 2005 scrive il Manifesto del Manierismo geometrico. Dal 2000 fa parte dei soci della Permanente ed è stato anche membro della Commissione artistica. Dal 2005 si dedica anche all'attività performativa, con perfomances in tutta Europa. Dal 2002 al 2009 ha organizzato il 20 febbraio di ogni anno una cena quasi futurista, per ricordare la nascita del Manifesto futurista di Marinetti, con l'auspicio della realizzazione di un Museo del Futurismo per il Centenario. Nel 2020 scrive il Manifesto di cucina ultra futurista. Vive e lavora tra Milano e Roccanova (Potenza).
Carlo Catiri
"Saray"
L’opera di Carlo Catiri si pone volutamente in una situazione di incertezza allusiva, fra il rigore delle proposizioni geometricamente ordinate e il gusto di presentare una trama che decodifica forme ridotte a pura sintesi. Si tratta sempre di visioni che non vogliono persuadere, ma solo mostrare con la loro sola presenza che la bellezza si trasmette nel rigore silenzioso della riflessione razionale. Ispirandosi alle architetture di un mondo pulito e del tutto depurato dalle crepe psicologiche legate all’angosciante momento storico che stiamo vivendo, egli sembra propone soluzioni in una visione cosmica dove nulla si decompone, ma solo si trasmuta per formare un nuovo ordine di valori fondati
sull’equilibrio delle forme e dei colori. Quindi per lui fare pittura non è mai la recitazione sul palcoscenico dell’arte di momenti ambiguamente espressivi, ma al contrario un’azione di approfondimento, di uno sviluppo continuo verso un ordine visuale da contrapporre al disordine del caos esistenziale.
Insomma, l’artista libero dai vincoli formali e dall’obbligo della rappresentazione si fa testimone attivo del proprio tempo, apre la propria coscienza alla visione del ciò che ancora è a venire, al “futuro”, inteso come progredire civile e culturale dell’Uomo.
Insegnante, pittore e critico d’arte. Nato nel 1953 a Milano, dove vive e lavora. Si è diplomato nel corso di Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 1978. Ha insegnato Disegno e Storia dell’Arte presso il Liceo Scientifico Statale “A. Volta” di Milano fino al 2020. Dal 1978 al 1994 ha svolto attività di libero docente di Storia dell’Arte con l’Istituto Europeo di Design, con l’Accademia di Arti Applicate e con The International College of Arts and Sciences a Milano. Dal 1993 al 2004 ha insegnato Pittura e Storia del Restauro per le scuole Civiche del Comune di Milano. Dal 2010 collabora con l’Associazione Tempo Cultura di Carugate con un corso sull’arte medievale e moderna. Dal 2011 al 2016 è stato coordinatore artistico dell'Ucai di Milano.
Dal 2010 è iscritto come socio pittore alla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano. Come critico d’arte ha curato la realizzazione di mostre e cataloghi di artisti moderni e contemporanei per importanti gallerie milanesi e presso la Biblioteca Umanistica di Milano. Da sempre affianca a queste attività didattiche e culturali la sua ricerca artistica e pittorica sfociata negli anni in numerose mostre personali e collettive tra cui l’ultima dal titolo “Trame” presso Palazzo Bocconi a Milano nel gennaio 2020.
Vincenzo Pellitta
"Geometria spaziale"
In Vincenzo Pellitta la scelta dell’astrazione geometrica quale area privilegiata di riferimento appare come una dichiarazione evidente, esplicita e definitiva. Nel suo lavoro la tensione costruttiva è inestricabilmente connessa a un processo di razionalizzazione interna, una sottile e elegante conferma delle certezze normalmente attribuite alle strutture preordinate da un calibrato nitore. Un lavoro fatto di memoria, di stratificazioni, di scavi e di graffiti, di sovrapposizioni, di lacerazioni e di emergenze cromatiche che vive nel silenzioso incanto di visioni incerte, frammentarie; di illusioni formali e segniche; di echi letterari e suggestioni liriche. E' una superficie sofferta e accidentata, ma anche delicatamente curata e indagata. E' un territorio senza coordinate privilegiate di riferimento, un luogo dove si possono intrecciare innumerevoli percorsi, dove l'occhio può posarsi con intensità e con leggerezza.
Scriveva nel 1935 Anastasio Soldati, uno dei “padri nobili” dell’astrattismo italiano: “le percezioni dell’artista sono infinitamente più preziose che le descrizioni più fedeli della realtà. Per noi l’arte è questione di spirito; solo lo spirito riconosce lo spirito. La fine dell’arte è imitare la natura. E’ morto le “trompe-l’oeil” esiste solo le “trompe-l’ésprit”.
Nato nel 1948 a Rotondella (Matera). Vive in provincia di Pavia dal 1962 e a Vigevano dal 1976. Da bambino gli piaceva molto disegnare e colorare, ma comincia a dipingere nel 1970 ricevendo da alcuni artisti pavesi i primi insegnamenti, e con gli stessi partecipa a numerosi concorsi di pittura estemporanea approfondendo così la tecnica chiarista, dipingendo paesaggi all’aperto. Frequenta in seguito il corso serale di disegno e pittura all’Istituto “Roncalli” di Vigevano. Alla sua evoluzione hanno contribuito le numerose visite alle grandi mostre d’arte milanesi, ma anche quelle di altre città italiane. Diverse sono state le componenti formali che ha esaminato, dalle prime esperienze figurative su linee veristiche a quelle del periodo chiarista, poi espressionistiche e infine a quelle informali non declinando anche certe soluzioni di tendenza surrealista. Dal 1992 inizia un recupero per l’interesse estetico costruttivo, dipinge prima una serie di opere geometriche ad olio e poi il suo interesse si rivolge al materiale nella sua trasformazione. Il disegno ricavato dal pieno-vuoto è realizzato con la tecnica della tranciatura su metallo eseguita nei primi anni della ricerca facendo uso di trance meccaniche, in seguito usando punzonatrici meccaniche computerizzate e successivamente con macchine computerizzate a taglio laser. Dal 1992 al 2002 opera incollando le lastre di metallo “precedentemente ritagliate”, su tavola e dipingendo lo sfondo con le varie tonalità di grigio e nero. Dal 2002 inserisce nelle strutture anche il colore. Dal 2007 incolla sullo sfondo anche pellicole specchianti, indagando sul tema specchio-luce. La sua ricerca artistica si evidenzia in forme geometriche, sia operando su lastre di metallo sia sui vari supporti con tecniche tradizionali. E’ stato cofondatore di due Gruppi artistici, uno a Pavia “La nuova Dimensione” e uno a Vigevano “Tempo Zero”. La sua prima personale risale al 1978. Ha collaborato con la storica Galleria Arte Struktura di Anna Canali, prima a Milano poi a Desenzano del Garda, sia come artista che come collaboratore per mostre e cataloghi, dove ha conosciuto e dialogato con i grandi maestri dell’arte geometrica, tra gli altri: Bruno Munari, Getulio Alviani, Marcello Morandini, Eugenio Carmi, Edoardo Landi, Ludwig Wilding. Ha collaborato con il prof. Marco Fraccaro rettore del “Collegio Universitaro Cairoli di Pavia” (prestigiosa sede espositiva di arte contemporanea), ad allestire varie mostre. E’ inserito in diversi cataloghi d’Arte tra cui il Catalogo dell’Arte Moderna di Giorgio Mondadori del 2006 e del 2007. Fa parte dei soci artisti della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano. Negli anni 90 è stato socio della Casa della Cultura, dove ha seguito un corso di storia dell’Arte ( con il prof. Francesco Tedesco dell’Università Cattolica di Milano), e un seminario di filosofia moderna. Ha viaggiato in Italia e in Europa visitando diversi musei e mostre di grandi Maestri. Dal 2010 al 2014 è stato responsabile degli eventi artistici dello Spazio Rocco
Scotellaro presso l’Associazione delle Genti Lucane di Vigevano della quale è stato uno dei fondatori e vicepresidente. Ha fatto parte del comitato scientifico dei Musei Civici di Vigevano. Dal 2011 cura una rubrica d’arte sul settimanale “l’Informatore vigevanese”. Nel 2014 ha ricevuto il premio della Giuria nell’ambito del “Premio delle Arti e della Cultura” al Circolo della Stampa di Palazzo Bocconi a Milano. Nel 2015 ha ricevuto la Civica Benemerenza del Comune di Vigevano per meriti artistici.
Luigi Rossanigo
"Vibrazioni"
Se per la gran parte degli artisti la tela è solo la superficie su cui dar vita alla creazione - e di conseguenza la cosiddetta preparazione serve solo ad accogliere l'arrivo quasi sacrale della pennellata - per Luigi Rossanigo il supporto diventa l'anima stessa del lavoro, il suo nerbo, il suo respiro. Non solo uno scheletro sul quale costruire la narrazione, piuttosto un carattere compiuto capace di indirizzare il colore, il gesto, la struttura formale che dovranno arrivare. La preparazione del quadro non è semplice stesura del fondo: è, invece, architettura dell'idea, presa di possesso dello spazio, scansione dei volumi e degli elementi dell'opera. I quadri non conservano nulla dell'impianto tradizionale, sono installazioni su cui la luce e la storia non poggiano ma scorrono, s'inseguono, s'avventano. Scivolano attorno, da una parte e dall'altra, senza che lo spettatore possa sentirsi rassicurato dalla tridimensionalità della superficie.
Nasce a Pieve del Cairo (Lombardia, Italia) nel 1948 La sua esperienza a proposito di tele in rilievo ottenute attraverso estensioni risale ai primi anni ’70, quando quella tecnica pittorica era ancora sconosciuta al largo pubblico di appassionati d’arte, nonostante gli importantissimi risultati dei Maestri Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi fossero sconosciuti. Durante tutti gli anni ’80 la sua ricerca, sia nella grafica sia in pittura ed anche in scultura, si è mossa tra arte povera e surrealismo. All’incirca alla fine di quel decennio, ritorna alla vecchia esperienza in una nuova sintesi pittorica composta di figure geometriche nascoste dalla consueta tela, ora monocromatica ed estroflessa con sconfinata creatività. Vive e lavora a Pieve del Cairo.
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