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Cinque vecchi in fuga da una Rsa

Chiacchierata semiseria con Massimiliano Sonsogno, autore di “Briscola chiamata”, il suo romanzo d'esordio. Un giallo politicamente scorretto, tra malavita russa, amore e gioco delle bocce

Ilaria Dainesi

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ilaria.dainesi@ievve.com

15 Novembre 2024 - 21:00

Cinque vecchi in fuga da una Rsa

Massimiliano Sonsogno nasce a Vigevano il 23 dicembre 1983 e vive da sempre a Gambolò, dove attualmente lavora come docente di scuola dell’infanzia e come insegnante di pianoforte

La fuga di cinque anziani da una Rsa della Lomellina dopo il rapimento di un loro amico, che ha un passato da agente segreto. È da questa vicenda che prende il via il romanzo d’esordio di Massimiliano Sonsogno, “Briscola chiamata” (edizione Astrolabio Vigevano, 15 euro), che mette insieme passatempi della terza età, malavita russa e omicidi. L’autore, 41 anni di Gambolò, gioca con il genere giallo, e lo declina utilizzando un registro che alterna ironia e riflessioni esistenziali. Il collante della storia è l’amicizia che unisce gli insoliti protagonisti. Questa domenica, alle ore 14, Sonsogno presenterà il suo libro al teatro Verdi di Cassolnovo

Musicista e attore, ora il tuo primo romanzo. Scrivi da sempre, o è una necessità più recente?

Intanto, moderiamo i termini. Se bastasse salire su un palco e cantare a un microfono per essere musicisti e attori, allora sarei anche chef perché il venerdì faccio la pasta al forno. Scrivo dalle scuole superiori, perché avevo un compagno di classe con cui condividevo questo hobby assolutamente gratuito (e per uno di Gambolò è un dettaglio rilevante). Purtroppo non scrivo per necessità, come terapia, nemmeno quando il mio psicologo mi chiede di farlo. Più che per “necessità” scrivo per “possibilità”: ho il tempo di farlo, so coniugare i verbi anche al condizionale e ho installato Word sul Pc.

Perché la scelta del genere giallo? Come è nata la storia e perché hai scelto come protagonisti cinque anziani, anzi cinque vecchi come scrivi tu?

Forse ho scelto il genere giallo perché i primi libri che ho letto erano gialli (intendo il genere e non il colore della copertina, cosa che però negli anni ‘90 spesso coincideva). La storia è nata a un corso di scrittura in cui mi hanno chiesto di scrivere l’incipit di una storia. Così sono nati i miei cinque vecchi (che non chiamo anziani altrimenti si offendono): Lucia e Gian, una coppia che si ama e si odia da decenni; Armando, un sedicente conte; Ottavio, un pavido ex professore di filosofia; Gino, un metalmeccanico con problemi di memoria; Giorgio, un misterioso ospite della casa di riposo più surreale della letteratura gambolese. Ho scelto cinque persone al termine della loro vita perché sono una categoria di persone di cui troppo spesso la società si dimentica. Uomini e donne che hanno passato una vita a lavorare che poi servono solo a parenti e RSA come portatori sani di pensione. Li ho scelti perché sono arrabbiati, sono schietti, cinici. E poi perché la loro storia poteva far ridere pur trattando temi seri. Volevo regalare alla categoria una storia epica che avesse nei vecchi i veri protagonisti. Personaggi che nonostante le loro debolezze, affrontano situazioni per le quali non sono assolutamente all’altezza, ma che comunque ci danno qualcosa per cui ridere.

Non so se sia per l’impostazione generale, o per il tono dei dialoghi, ma la mia impressione è che tu questa storia l’abbia scritta immaginando di trasporla anche per il teatro, sbaglio?

Nei dialoghi ho investito tempo e aspettative, anche perché volevo che dai dialoghi si capissero i personaggi. Ne ho messi moltissimi perché almeno i miei vecchietti possono parlare senza essere zittiti o ignorati. Non ho pensato di trasporla per il teatro, ma ho cercato di renderli verosimili. Per questo forse alla fine ho pensato che sarebbe una bella storia per il cinema, ma dicono che Tarantino voglia smettere col cinema.

Veniamo all’ambientazione in cui hai collocato l’Rsa, Casa Serenella, in cui vivono i tuoi personaggi. A un certo punto, scrivi: La Lomellina non è adatta alla sopravvivenza dell’uomo, ma l’uomo non lo sa e continua ad abitarla. Risiedere in Lomellina è la cura contro la depressione consigliata da un dentista su dieci (lo stesso che non consiglia mai lo spazzolino delle réclame). Il senso di comunità di questa zona è pari al suo livello culturale, che è proporzionale al livello dei suoi amministratori pubblici, che è inversamente proporzionale ai livelli di polveri sottili nell’aria. E possiamo scriverlo senza paura visto che gli amministratori non padroneggiano il concetto di “inversamente proporzionale”. Avevi qualche sassolino da toglierti? È davvero il tuo giudizio sullo stato del nostro territorio? Te lo chiedo perché hai avuto una esperienza diretta della politica locale (Sonsogno è stato candidato sindaco nel 2017 e consigliere di minoranza a Gambolò, carica dalla quale si era dimesso nel febbraio 2023), e credo sia interessante se ci racconti come l’hai vissuta.

Se ci fai caso nella prima domanda mi hai definito musicista e attore, ma non “politico”. Credo che parte della risposta sia già nel tuo cuore. Le frasi che hai citato non sono mie, ma di uno dei personaggi, uno di quelli arrabbiati col mondo perché abbandonato dai figli, dagli amici (anche perché la maggior parte sono morti), dalla società. E anche dalla politica, quell’entità che - senza timore di essere smentito - non vede sempre i vecchi come una priorità. Capirai che un personaggio del genere non può avere buone parole per la Lomellina e i suoi governanti. Incidentalmente potrei anche essere d’accordo, ma il giudizio dell’autore in un romanzo non è così importante. È interessante però che siano frasi che molte persone ci tengono a sottolinearmi, spesso perché sono d’accordo con le critiche. Quindi forse non è importante scoprire se io ho dei sassolini nelle scarpe (che comunque hanno il pregio di tenermi sveglio mentre guido e premo sui pedali) quanto scoprire perché questo sia un sentimento comune - e troppo comune. E comunque queste sono tra le frasi più carine che ci sono nel libro riguardo ai politici (cosa che scrivo solo perché così i politici correranno a comprarlo per sapere se ho parlato anche di loro - sì, ho parlato anche di loro). Devo però confessare che non credo che tutti i politici siano pessimi (anche se credo che un territorio diventi pessimo se la qualità della maggior parte dei politici lo è - consecutio appositamente caotica per non essere universalmente inteso). Per la politica c’è lo stesso problema della mia pasta al forno: se bastasse ricoprire una carica per fare politica… Magari un giorno scriverò una storia che parla anche di loro, dei politici: personaggi che nonostante le loro debolezze, affrontano situazioni per le quali non sono assolutamente all’altezza, ma che comunque ci danno qualcosa per cui ridere.

Massimiliano Sonsogno nasce a Vigevano il 23 dicembre 1983 e vive da sempre a Gambolò, dove attualmente lavora come docente di scuola dell’infanzia e come insegnante di pianoforte. Dopo essersi dedicato per anni a musica e recitazione, compresa la stand up comedy, ha fatto il suo esordio come scrittore con un giallo.

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