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Il primo singolo

Il grunge dei Floating Horse Head

Il quintetto vigevanese trasmette l’angoscia di più generazioni. Il cantante aveva iniziato a suonare quando il chitarrista non era ancora nato

Davide Maniaci

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dade.x@hotmail.it

27 Luglio 2025 - 12:16

“Wake up screaming”, svegliarsi urlando: un senso di tormento e di impotenza assoluta che unisce più generazioni. Il bello dei Floating Horse Head non è solo quello di proporre un genere rock che può sembrare desueto, il grunge, ma di coinvolgere fasce di età diverse. Il più “anziano” va per i 39 anni, e quindi suonava quando ancora il più giovane (che ne ha 16) non era ancora nato. Si trova già su internet il primo singolo, “Wake up screaming” appunto. Ne seguiranno presto altri tre, già registrati, che fanno presupporre un progetto più ampio. Il frontman è Federico Rano, cantante, il veterano. Con lui i chitarristi Riccardo Bertelli e Gabriele Camasso (il sedicenne), Alessio Cerutti al basso, di 17 anni, e Luca Mantione, 30, con la sua batteria. Lui è pure reduce da una lunga esperienza in una formazione black-metal. Sono tutti di Vigevano tranne il gambolese Camasso. Si sono conosciuti presso After Life, scuola di musica cittadina. Ascoltando il brano si percepisce la rabbia che era dei Nirvana, dolore infinito racchiuso in una melodia fruibile, e la chitarra elaborata dello stoner-rock dei Kyuss. Il finale arriva così, all’improvviso, dopo l’angoscia della voce che non ammette pause. Un ritorno all’inquietudine della Generazione X, che nonostante ora sia matura e “ripulita” non si emancipa del tutto dai suoi fantasmi.

I Floating Horse Head: in alto da sinistra Bertelli e Camasso, in basso da sinistra Cerutti, Mantione e Rano.

«Il testo - chiarisce Federico Rano - l’ho scritto io. Molto spesso un adolescente arrabbiato (e a volte prima di lui un bambino arrabbiato) diventa un adulto depresso. Bisogna avere la forza e il coraggio di scavare nella rabbia, di affrontarla e non nasconderla, capire da dove viene per capire chi siamo. Già il titolo è un riferimento e un omaggio alla mia prima band, ed una sorta di ponte con il passato. Sentivo di dover cominciare così. Ma tutti gli altri brani sono calati nel presente, un presente difficile per molti versi. La rabbia di oggi è diretta a un sistema che sta distruggendo il nostro pianeta, che ci sta disumanizzando e annientando quando proviamo a uscire dallo schema stabilito. Ma c’è anche la speranza di trovare, nella fine di un mondo insostenibile, anche un nuovo inizio. A parte “Wake up screaming”, tutti gli altri testi sono collaborativi, prevalentemente miei ma collaborativi».

Foto di Elisa Collimedaglia

La musica invece risente degli ascolti e della formazione dei membri della band, di ottimo livello tecnico. Sono tutti anche chitarristi: un dettaglio che aiuta parecchio, nella composizione dei pezzi. Proponendo un caro, vecchio, rumoroso e sano rock alternativo in una zona periferica come questa, il riferimento alla scena di Seattle non è così peregrino. «Se dovesse mai esistere una “Seattle italiana” - chiarisce il gruppo - non è così azzardato dire che potrebbe essere la Lomellina, come umore generale. Del resto la scena alternativa qui è sempre stata vivace. Purtroppo la pandemia ha colpito duro i locali di musica dal vivo, ma mi sembra che stiano tornando e, con essi, quello che si è mosso underground può uscire nuovamente in superficie».

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Davide Maniaci

Davide Maniaci

Nato nel 1988, cresciuto a Vigevano. Interista. Giramondo compulsivo, comprendo sei lingue ma tutte in modo discontinuo. Sono laureato magistrale in storia, indirizzo contemporaneo. Attualmente mi sto laureando anche in geografia (si chiama Scienze umane del territorio dell'ambiente e del paesaggio, ma è la stessa roba). All'Informatore dal maggio 2016, mi occupo di vari temi ma sto davvero bene quando scrivo di musica, cibo, turismo, storie, paesini piccolissimi. Amo i Velvet Underground, i Suicide e i Morphine e dunque odio la loro nemesi, i Queen. Suono il banjo male e canto ancora peggio. Amo cucinare piatti da tutto il mondo, ma niente dolci.